La sveglia

“Andiamo avanti nella nostra battaglia contro i colossi della finanza speculativa e contro le politiche da strozzini del Fondo Monetario Internazionale, ricordando che tutto il Secondo Mondo, qui in Sud America, ha dato il proprio contributo per risvegliare le coscienze del Primo Mondo europeo addormentato. Riconfermiamo appoggio e solidarietà ai combattenti greci e spagnoli per la libertà di tutti i popoli”.

Cristina Kirchner

http://www.libero-pensiero.net/i-tre-grandi-nemici-del-pensiero-unico-globale-cristina-kirchner-pablo-iglesias-alexis-tsypras-che-cosa-hanno-di-tanto-pericoloso/

Il prezzo

“Che le cose siano così, che stiano così, non vuol dire affatto che debbano andare così. Solo che, quando c’è da rimboccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare”.
                                        Giovanni Falcone. Palermo 1988.

Maxima mercatalia

“Venne infine un tempo in cui tutto ciò che gli uomini avevano considerato come inalienabile divenne oggetto di scambio, di traffico, e poteva essere alienato; il tempo in cui quelle stesse cose che fino ad allora erano state comunicate ma mai barattate, donate ma mai vendute, acquisite ma mai acquistate – virtù, amore, opinione, scienza, conoscenza, ecc. – tutto divenne commercio. È il tempo della corruzione generale, della venalità universale o, per parlare in termini di economia politica, il tempo in cui ogni realtà, morale o fisica, divenuta valore venale, viene messa sul mercato per essere apprezzata al suo giusto valore” [Marx, Miseria della filosofia, Risposta alla filosofia della miseria di Proudhon, (1847), Roma, 1998, p. 78]

Finanzcapitalismo

Più volte in questo blog abbiamo ospitato interventi di Luciano Gallino, per questo pensiamo utile riprodurre integralmente l’articolo seguente:

“La scomparsa dell’Italia industriale” è il titolo di un fortunato saggio di Luciano Gallino, risalente a più di dieci anni fa, ma più attuale che mai. Il nostro paese, infatti, continua a perdere o a ridurre fortemente la sua capacità produttiva in settori industriali nei quali era stato fra i primi al mondo. È il caso dell’informatica e della chimica. L’Italia industriale è uscita quasi completamente da mercati in continua crescita quali l’elettronica di consumo. Né è pervenuta a far raggiungere un’adeguata massa critica a industrie dove ancora possiede un grande capitale di tecnologia e di risorse umane.

Tra le maggiori cause di questo impoverimento vi è il progressivo avanzamento dell’economia finanziaria a danno di quella reale, ancora una volta descritto puntualmente da Gallino in opere come “Finanzcapitalismo” o “Il lavoro non è una merce”. Gli allarmi lanciati dal sociologo, cresciuto in una “palestra” del calibro dell’Olivetti (azienda in grado di tracciare un significativo messaggio sociale), non sono stati raccolti da una classe dirigente e imprenditoriale a dir poco sorda. Da sempre abituata al clientelismo e poco propensa al rischio e alla tutela del “bene comune”. Privatizzazioni e delocalizzazioni sono l’aspetto più evidente di queste problematiche storiche, aggravate dalla crisi. In più, sempre più paesi “occidentali” stanno da tempo abbandonando il settore industriale in favore del terziario, lasciando spazio a mercati più “competitivi”, in particolar modo asiatici.  «L’unico misuratore di valore, stabilito dall’equilibrio tra chi compra e chi vende, è il mercato finanziario. Il resto sono cavolate», arrivò ad affermare Sergio Marchionne.

Gli Stati Uniti in primis, seguendo l’influenza di pensatori quali Alvin Toffler, cominciarono sin dagli anni ’70 a drenare risorse verso i servizi e il mercato borsistico, trascurando l’industria. E’ da allora che il capitale finanziario transnazionale ha cominciato a divenire decisivo nelle sorti del paese, e poi del mondo. Un passaggio che, oltre a pagare ricchi dividendi a manager e banchieri, ha fatto vacillare in serie molte certezze della superpotenza.  E della sua valuta, moneta mondiale di riserva e di cambio. Se nel 1945 era il potere politico, economico e militare nordamericano che sosteneva l’egemonia del dollaro, dal 2009 diventa evidente il contrario: l’egemonia del dollaro sostiene un potere politico, economico e militare in crisi.

Per il nostro paese uscire dalle secche è ancor più difficile, considerando che l’euro sta progressivamente erodendo la nostra competitività in favore della Germania. Senza considerare le limitazioni e le “gabbie” imposte dall’Unione Europea, esiziali in un momento di recessione. I concetti di sovranità politica, ricerca e sinergia pubblico – privato in campo industriale dovrebbero essere i punti fermi per la ricostruzione. L’interventismo statale ha spesso disegnato strategie e impulsi fondamentali per la crescita italiana (pensiamo all’IRI), accanto all’originalità che alcuni, come l’Olivetti citata in apertura, seppe offrire al mondo del lavoro e dell’innovazione. Riscopriamoli.

Francesco Carlesi in

http://www.lintellettualedissidente.it/finanza-o-economia-reale/

“Una nazione pu…

“Una nazione può sopravvivere ai suoi imbecilli ed anche ai suoi ambiziosi, ma non può sopravvivere al tradimento dall’interno. Un nemico alle porte è meno temibile perché mostra i suoi stendardi apertamente contro la città. Ma per il traditore che si muove tra quelle, la porta è aperta, il suo mormorio si sposta dalle strade alle sale del governo stesso. Perché il traditore non sembra un traditore. Parla una lingua che è familiare alle sue vittime ed usa il loro volto e le loro vesti, appellando alle profondità del cuore umano. Marcisce il cuore di una nazione; lavora in segreto come un estraneo nella notte, per abbattere i pilastri della nazione, infetta il corpo politico in modo inesorabile”.

Marco Tullio Cicerone

http://vocidallestero.blogspot.it/2014/01/litalia-si-va-disfacendo-mese-dopo-mese.html

Intellettuali del piffero

Sotto il cielo è oggi dominante quella che già Walter Benjamin aveva già a suo tempo qualificato come “malinconia di sinistra” (Linke Melancholie), ossia la consapevolezza dell’impotenza della critica: quest’ultima viene trasformata dai molteplici maîtres à penser del nostro tempo in oggetto di divertimento e in articolo di consumo, in una patetica spettacolarizzazione della rivolta anticapitalista che, spesso nella forma del talk show televisivo, permane stabilmente nel comfort dell’Hotel Abisso di lukacciana memoria. La protesta contro la reificazione finisce, così, per essere essa stessa reificata: ridotta a merce tra le tante, la critica diventa capitale culturale da vendere ai dominanti in modo da averne in cambio fama, prestigio e riconoscimento mediatico. Questo è il nostro presente, il tempo della “notte del mondo” (Heidegger), in cui la critica di cui sono maestri gli intellettuali del piffero ha il solo scopo di rassicurare l’opinione pubblica.

Diego Fusaro

http://www.lospiffero.com/cronache-marxiane/pifferai-dell’engagement-13307.html

La più grande truffa della storia umana

Quindi, ricapitolando, stati falliti si fanno garanti di banche fallite che devono acquistare il debito di stati falliti. Un’ottima miscela esplosiva, non c’è che dire. Le banche, prestando i soldi allo Stato, esigono un interesse che è ben più alto (dalle 4 alle dieci volte, o forse più) dell’interesse pagato alla BCE per avere in prestito denaro. Gli interessi che lo stato paga alle banche, nel caso italiano circa 90 miliardi di euro all’anno, vengono garantiti grazie all’autorità che ha lo Stato di imporre misure fiscali sui cittadini all’uopo spremuti di tasse. Quindi, in mancanza di crescita economica, lo stato, per poter pagare gli interessi ai propri finanziatori, dovrà aumentare le tasse. L’aumento delle tasse ha effetti recessivi, poiché la popolazione avrà una quota di reddito disponibile via via minore in ragione della maggiore tassazione pretesa dallo Stato. Minori spese per i cittadini, significa minore domanda interna. Le persone non spendono, le fabbriche non producono, sono costrette a licenziare e chiudono.

Paolo Cardenà

estratto da: http://www.vincitorievinti.com/2013/06/la-piu-grande-truffa-della-storia-umana.html

Vox clamantis in deserto

In un’epoca come la nostra, ci sono solo quattro tipi di uomini. Ci sono coloro che, del tutto consapevolmente, vogliono che ci si infili sempre più lontano nel caos e nella notte. Ci sono quelli che, volontariamente o no, sono sempre pronti a subire. Ci sono i diplodochi reazionari, che vivono la situazione attuale sul registro della deplorazione. Fra geremiadi e commemorazioni, credono di poter far tornare il vecchio ordine, ragion per cui non fanno altro che registrare sconfitte. Infine, ci sono coloro che vogliono un nuovo inizio. Quelli che vivono nella notte ma non sono della notte, poiché vogliono ritrovare la luce. Quelli che sanno che al di sopra del reale c’è il possibile. A loro piace citare George Orwell: «In un’epoca di universale disonestà, dire la verità è un atto rivoluzionario».

Alain de Benoist in Diorama letterario