Pensioni e scuola

Scrivevamo l’11 luglio del 2010:
La “manovra finanziaria” attualmente in discussione contiene alcune norme sull’aumento dell’età pensionabile che sono state da più parti oggetto di critiche e obiezioni. Pare sia mancata però la più ovvia di queste possibili obiezioni, e cioè che c’entrassero le pensioni con una manovra finanziaria, dal momento che la spesa previdenziale non ha nulla a che vedere con la spesa pubblica, poiché dipende interamente dai contributi versati dai lavoratori sulla loro busta paga. Inoltre l’avanzo di bilancio dell’INPS nel 2009 è stato di sette miliardi (sì, miliardi) e novecentosessantuno milioni di euro. Ognuno può condurre un piccolo sondaggio personale per rendersi conto di quante persone siano a conoscenza dell’attivo di bilancio dell’INPS, che pure costituirebbe un dato ufficiale.
Le teorie socio-economiche “complesse” crollano di fronte all’evidenza delle menzogne istituzionalizzate su cui il sistema si fonda, e di fronte alla constatazione che gli attivi di bilancio dell’INPS sono trattati dai giornalisti quasi come un segreto di Stato, senza il bisogno di alcuna “legge bavaglio”. Dato che la notizia degli attivi di bilancio dell’INPS, sebbene data di sfuggita e subito seppellita, potrebbe comunque diffondersi, il sistema della propaganda è pronto a fuorviare nuovamente l’opinione pubblica narrandole di una popolazione anziana di pensionati in continuo aumento, a fronte di una popolazione di giovani lavoratori in calo costante. Da qui, secondo il luogo comune, deriverebbe il “pericolo per i futuri conti dell’INPS”. Si tratta di una campagna propagandistica che fomenta l’odio tra le generazioni, per di più sulla base di pretesti infondati.
In realtà i bilanci dell’INPS si presentano floridi non solo per il presente, ma anche per il futuro, dato che i lavoratori immigrati – che, al contrario di ciò che si fa credere, sono in grande maggioranza regolari – versano mensilmente contributi pensionistici senza alcuna prospettiva che questi un domani diventino per loro una pensione di anzianità; e ciò per il semplice motivo che gli immigrati tendono per lo più, dopo qualche anno, a ritornare al proprio Paese, dando l’addio ai contributi già versati alla Previdenza italiana. I contributi pensionistici dei lavoratori immigrati si configurano perciò come una vera e propria tassa sull’immigrazione, di cui l’INPS costituisce l’esattore.
Allora si potrebbe dire che i pensionati italiani attualmente parassitano il lavoro degli immigrati? Nemmeno questo si può dire, dato che il surplus di cui l’INPS dispone va oggi a finanziare le imprese private. Costituisce infatti una pratica abituale degli imprenditori il mettere ciclicamente in Cassa Integrazione Guadagni – quindi a carico della Previdenza – una parte dei propri lavoratori, per poi mantenere i livelli produttivi ricorrendo agli straordinari, che beneficiano tra l’altro di un regime fiscale agevolato. La pratica di mettere in Cassa Integrazione una parte dei dipendenti per poi sfruttare maggiormente con gli straordinari i lavoratori rimasti in azienda, sarebbe illegale, ma i governi non solo si guardano bene dal sanzionarla, ma addirittura la premiano con sgravi fiscali. I contributi previdenziali quindi sono usati per contribuire all’abbassamento ulteriore del costo del lavoro per le imprese: il solito assistenzialismo per ricchi.
Gli slogan fiabeschi sul capitalismo e sul mercato coprono perciò una realtà molto più squallida, che vede i mitici e celebrati “imprenditori” sempre pronti a rubare nel piattino del cieco. L’individualismo avventuroso dell’imprenditore si rivela un altro falso propagandistico, una leggenda dietro la quale l’associazionismo imprenditoriale si esprime come una vera e propria forma di criminalità organizzata dei colletti bianchi; una criminalità che è ovviamente allevata e protetta dai governi.
C’è infatti un legame diretto e consequenziale tra il terrorismo governativo sulle pensioni e la privatizzazione/precarizzazione del Pubblico Impiego. Il pretestuoso terrorismo governativo sulle pensioni ottiene un effetto piuttosto evidente, apparentemente contraddittorio, che è quello di incentivare la scelta di pensionamento anticipato da parte di molti lavoratori, intimoriti dalla prospettiva di perdere diritti acquisiti; infatti gli stessi governi terroristi poi mettono regolarmente a disposizione “finestre” pensionistiche in cui i lavoratori possano infilarsi. Gli organici del Pubblico Impiego tendono perciò a spopolarsi, ed i governi possono appaltare funzioni e servizi a ditte private, che usano per la maggior parte lavoro precario.
Uno dei settori del Pubblico Impiego in cui il prepensionamento viene più incentivato è la Scuola, ciò in vista della sostituzione del corpo insegnante dipendente dallo Stato con una nuova leva di insegnanti assunti direttamente dal Dirigente Scolastico, il quale diventerebbe il “manager” (in realtà boss/feudatario) non più di un istituto pubblico, ma di una fondazione mista pubblico/privato. Il ruolo degli insegnanti è stato abolito nel 1993, sostituito con la dizione ” insegnante a tempo indeterminato”, ma, secondo i piani, nell’arco di qualche anno, anche l’insegnante dipendente dallo Stato dovrebbe diventare un ricordo. Lo scopo non è solo quello di abolire una “libertà di insegnamento” che, probabilmente, non è mai esistita, ma di trasformare le Scuole ex pubbliche in enti appaltatori anche per ciò che concerne il loro principale servizio, cioè l’insegnamento; infatti già si parla di agenzie private che si occupino di “formare” e fornire i docenti. Gli insegnanti che attualmente accettano di infilarsi nelle varie “finestre” pensionistiche, non valutano il fatto che l’INPS rimarrà un ente pubblico solo sin quando sarà necessario per compiere questa liquidazione del personale del Pubblico Impiego. Ma non appena l’operazione sarà completata, anche la privatizzazione dell’ente previdenziale sarà posta all’ordine del giorno, secondo quanto hanno già ordinato il Fondo Monetario Internazionale e la sua agenzia di propaganda e psico-guerra, cioè l’OCSE. A chiunque è evidente che un INPS trasformato in una SPA, non sarebbe in grado di assicurare l’erogazione delle pensioni; anzi, non sarebbe neppure più tenuto a farlo.
Quindi oggi la Previdenza serve a finanziare direttamente le imprese, ed al tempo stesso a favorire le ristrutturazioni in senso privatistico del Pubblico Impiego. In termini più diretti si può dire che le imprese private rubano il denaro della Previdenza, per servirsene anche per preparare ulteriori furti in un altro settore, quello della spesa pubblica. Se si considera che l’INPS, nonostante la pioggia di denaro che già riserva alle imprese, riesce anche ad avere un grosso attivo di bilancio, si capisce perfettamente il motivo per cui la privatizzazione della Previdenza venga ritenuta una tappa ineludibile nell’avanzata della Civiltà Occidentale.

Rapinano i pensionati e fuggono grazie ai media

tanto i pensionati non leggono i blog…

il Simplicissimus

scippo-poste-assIncredibile ma vero: una banda rapina i pensionati ma gli fa credere di aver fatto loro un regalo. Potrebbe essere un titolo di cronaca nera, di quelli che si concludono con tanto di piccola indignazione e di piccola morale, come si conviene a un Paese eticamente mignon. E invece si tratta del governo, il rapinatore non è altri che il guappo di Rignano con il vestito della domenica, i mandanti sono i cravattari e ricettatori di Bruxelles, mentre i complici, i pali che fanno il fischio convenuto, quelli che aiutano i malviventi nella fuga non sono altri che i media.

La dinamica come scriverebbe il cronista è semplice, il modus operandi conosciuto: la Corte Costituzionale ha cancellato il blocco delle indicizzazioni sulle pensioni oltre i 1200 euro voluto a suo tempo dalla Fornero e dal degno compare Monti con la scusa di salvare l’Italia dal disastro economico (sic). Adesso si tratterebbe di restituire a questa…

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Scelte collettive

Il ruolo chiave della politica, o del “pubblico” più in generale, è di mediazione ed analisi di risorse per prendere decisioni collettive su una gamma di scelte alternative. Questa funzione chiave risale già ai primi del ‘900 con l’opera di Vilfredo Pareto ed in particolare con il secondo teorema dell’economia del benessere.
La branca della Public Economics è piuttosto scettica sulla efficacia di una democrazia diretta.
Sono i risultati della Teoria comportamentale (Behavioralism) sviluppata nel II dopoguerra.
In sintesi, ogni agente ha una informazione imperfetta sulle decisioni da prendere (vedi ad esempio le posizioni discordanti su ogm, cura del cancro, ecc.) spesso come effetto di informazioni che anche scientificamente sono in fase di definizione. Inoltre, spesso, anche i comportamenti degli individui sono distorti, vedi il problema di decidere se “bere o no” di un alcolista. La dipendenza pregiudica la libertà di decidere.
Aggiungo: esiste anche un problema di patto generazionale (i debiti di oggi sono tasse o minori servizi di domani) che in Italia ha come esempio eclatante la crisi del sistema pensionistico. Chi sceglie oggi determina in parte anche le possibilità di chi verrà domani.
Di pari passo segnalo gli studi di Kenneth Arrow che portano al celebre “teorema dell’impossibilità”, ovvero che non è possibile un metodo di scelta che preservi i requisiti di “universalità (esame di tutte le scelte possibili)”, “non imposizione”, “non dittatorialità”, “monotonicità” (se A>B e B>C anche A>C), “indipendenza dalle alternative irrilevanti”. Questo risultato “taglia le gambe” ad una ipotesi di democrazia diretta, se non in comunità di pochi “eletti” e per scopi limitati. Tra gli esempi di democrazia diretta la gestione delle risorse idriche nel Valenciano ed in alcune comunità svizzere (Elinor Ostrom). Ma i problemi di scelta pubblica non sono solamente a carico degli “elettori”.
Agli inizi degli anni ‘70 è stato studiato (Akerlof – Stiglitz) il problema delle asimmetrie informative. Scegliendo un “agente” (es un politico) il “principale” (l’elettore) è di fronte ad un problema di “selezione avversa” (non conosce le capacità del politico) e di “azzardo morale” (non sa come il politico si comporterà nel suo mandato, dato che, in genere, ha sempre alcuni interessi personali che possono distorcere le decisioni).
La scelta di un politico, come di un professionista, è definita come “scelta fiduciaria”: non conosco ex ante la “bontà del prodotto” (beni/servizi ordinari, come una confezione di pasta di marca nota), non posso conoscerla immediatamente dopo l’acquisto/voto (beni/servizi sperimentali, come una vacanza acquistata a catalogo), spesso la bontà della scelta la si apprende solo dopo anni, e non sempre è agevole individuare chi è responsabile ed in quale misura di decisioni che hanno portato ad esiti positivi/negativi.
La soluzione a tutti questi problemi che ad oggi va per la maggiore è strutturata più o meno così:
1) “participatory budget”, ovvero includere rappresentanze di “stakeholder” (operatori economici, associazioni, ecc) nella scelta di destinazione delle risorse, acquisendo in modo tracciabile e documentato suggerimenti e la analisi che ne viene fatta.

2) La scelta è però una responsabilità del politico che è obbligato a documentarla ed a rendere accessibile il ragionamento sviluppato.
3) “segregazione dei poteri”: al politico (sindaco + assessori) il potere di decidere “cosa fare”, ad un team tra politici e tecnici “come finanziare” (tasse, debito, compartecipazione spesa, accesso a fondi terzi e donatori in denaro, ma anche in servizi, come le associazioni). Competenza esclusiva del tecnico su “chi finanziare” o “da chi acquistare” per escludere il rischio di sperpero di risorse con spese a mera finalità elettorale (pork barrel spending). Scelta tramite tender elettronico (portale MEPA, acquisti inretePA) o tramite gara tradizionale.
4) sugli appalti, pre-qualifica dei fornitori e condivisione scrittura dei bandi con fornitori qualificati obbligati da “patti di integrità” a segnalare se sono presenti requisiti esclusivi ed inutili (tipo “l’appaltatore deve essere biondo”)
5) trasparenza nelle scelte (assegnazione appalti, bandi) , che devono essere verificabili e basate su criteri “razionali” e ricostruibili (“open data”)
6) strumenti di segnalazione abusi (Organismo di vigilanza, indipendente dall’esecutivo) e protezione dei segnalatori (whistleblowing). Arma deterrente per fallimenti “patologici” della politica e degli organi burocratici come corruzione e appropriazione indebita.
7) monitoraggio ex post degli effetti delle decisioni, sia di spesa che di entrata, anche questo deve essere di pubblico accesso.
Un sistema complesso, in parte realizzato (MEPA), in parte da sviluppare su obblighi già previsti da Legge anticorruzione (192/2012) e semplicemente da attuare secondo le migliori prassi, in parte da disegnare (participatory budget, monitoraggio) in assenza di obblighi specifici di adozione.

Contributo di Riccardo Campi

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Di Anniversari, Ricorrenti menzogne e Unintended consequences

Gramsci, meno possibilista, sosteneva che la Storia è maestra, ma non ha allievi.

Mauro Poggi

Dodici anni fa, il 20 marzo 2003, gli Stati Uniti – a capo di una coalizione di ossequienti  “volenterosi” e con il mandato delle ossequienti Nazioni Unite – iniziavano l’attacco all’Iraq per distruggere le “armi di distruzione di massa” di cui quel paese era dotato, bloccarne la politica di “appoggio al terrorismo islamico”, fargli dono della democrazia.
Nel giro di quaranta giorni Baghdad fu “liberata”, la statua del dittatore immancabilmente abbattuta. Di fronte ai soldati schierati sulla portaerei Lincoln, il presidente Bush poté trionfalmente dichiarare: “Missione compiuta”.

Busch missione compiuta

La campagna mediatica per “vendere” alla manipolabile opinione pubblica (americana e internazionale) l’inevitabilità di quella guerra preventiva, si era appoggiata su un documento prodotto dall’Intelligence nell’ottobre del 2002 che per ovvi motivi di sicurezza doveva rimanere secretato. A detta dei vertici dell’amministrazione, il documento dimostrava oltre ogni dubbio la grave minaccia costituita dall’Iraq per la sicurezza degli Stati Uniti e del mondo occidentale:…

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