Ucraina o Italia?

A firma di Valerio Evangelisti,  al link sottoindicato, trovate un articolo su “I ribelli del Donbass” che incorpora il seguente

MANIFESTO DEL FRONTE POPOLARE PER LA LIBERAZIONE DELL’UCRAINA, TRANSCARPAZIA E NOVOROSSIJA (7 luglio 2014)

Al di là del contesto specifico, mi ha colpito l’affinità con lo spirito della nostra Costituzione del 1948 (contrapposta alla situazione attuale):

Qual è l’obiettivo della nostra lotta?

Costruire sul territorio dell’Ucraina una Repubblica Popolare senza oligarchia e burocrazia corrotta.

Chi sono i nostri nemici?

La classe dirigente liberal-fascista, l’alleanza criminale di oligarchi, burocrati, funzionari della sicurezza e la criminalità, servitori degli interessi di Stati esteri. Ufficialmente proclamano valori liberali europei ma tengono il paese sotto controllo con bande dell’estrema destra, scatenando l’isteria sciovinista per contrapporre gruppi etnici fra di loro.

Chi sono i nostri alleati?

Tutte le persone di buona volontà, indistintamente dalla loro cittadinanza ed etnia, che riconoscono gli ideali di giustizia sociale, che sono pronti a combattere per questi ultimi.

Qual è la Repubblica Popolare per la quale stiamo combattendo?

La Repubblica Popolare è la forma politica di organizzazione sociale in cui:

• Gli interessi delle persone, quello spirituale, intellettuale, sociale, fisico, sono i più alti obiettivi dello Stato;

• Tutto il potere appartiene al popolo, che lo esercita con organi eletti attraverso la rappresentanza diretta;

• Ogni lavoratore ha il diritto alla salute, all’istruzione, alla pensione e alla sicurezza sociale a spese dello Stato;

• Sono pagate pensioni dignitose, e tutti i cittadini possono godere delle garanzie di protezione sociale in caso di perdita del lavoro, disabilità temporanea o permanente;

• Sono ammesse eventuali iniziative private o collettive a condizione che avvantaggino le persone [la comunità];

• È vietato il capitalismo e l’usura bancaria che vive degli interessi sui prestiti. Il denaro deve essere guadagnato per mezzo della realizzazione di progetti utili.

• Lo Stato, che agisce per conto del popolo, è controllato dai rappresentanti di quest’ultimo. Lo Stato è il più grande detentore dei capitali e controlla i settori strategici dell’economia;

• È consentita la proprietà privata, ma le grandi fortune, i loro investimenti in politica e nell’economia, sono sotto il controllo della società – a nessuno è permesso di operare parassitariamente o creare un impero oligarchico o dominare sulle altre persone per mezzo dei monopoli.

Leggi tutto su http://www.carmillaonline.com/2014/09/20/i-ribelli-donbass/

L’obiettivo di Renzi

Non riesco a rebloggare dall’originale

http://pauperclass.myblog.it/2014/09/23/la-condizione-dei-lavoratori-nel-mondo-reale-eugenio-orso/

quindi copio e incollo:

Sono disoccupato da lungo tempo non per mia scelta, ovviamente. Un paio di settimane fa, tramite annuncio sul giornalino trova lavoro locale, vengo chiamato dal titolare di una azienda agricola operante nel campo della vinificazione. Dieci-undici ore di lavoro duro nel vigneto, a cinque virgola cinque € all’ora, intruppato con una numerosa marmaglia di extra-comunitari, in particolare Moldavi e Rumeni. Ritmi di lavoro pazzeschi, una sola pausa di mezz’ora giornaliera nel campo per bere acqua e mangiare un panino, con il padrone contadino sempre a pungolare e minacciare di lasciarti a casa se non vai svelto, io che ho 58 anni. Ogni giorno ne cacciava alcuni sui due piedi, subito rimpiazzati da altri schiavi che evidentemente il “padrone” non aveva difficoltà a rimpiazzare, stante l’enorme serbatoio di mano d’opera di cui dispongono i padroni e padroncini, fino a ieri oscuri mezzi morti di fame e ora grazie a questo nuovo potere assunti al ruolo di “Kapò”. Orbene, Domenica mattina ho un pesante alterco con un energumeno Moldavo che ambisce a fare il capetto e che mi accusa di essere troppo lento…Dopo essere arrivato sulla linea rossa, quella che poteva portarmi a piantargli le forbici nella pancia, mi calmo e me ne vado sui due piedi, contento tutto sommato di non essere stato colpito dal Moldavo pazzo e pericoloso, immaginate se mi avesse buttato fuori i denti malfermi quale danno anche economico avrei subito. Naturalmente il padrone e me lo ha detto sul muso, teneva al Moldavo anche perché sennò avrebbe perso gli altri schiavetti, solidali con il loro capetto. Morale della favola, io Italiano locale sono stato cacciato da un Moldavo con la complicità di un padrone  ignorante e approfittatore. Siamo arrivati a questo punto. E non mi si parli di guerra tra poveri, qui c’è dell’altro. e molto sbagliato.

[Link:
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=13945]

Mi pare assolutamente naturale che l’inserimento di questo commento abbia spostato l’attenzione dal mio articolo (centrato sul “piano lavoro” renziano e sulla querelle fra l’imbonitore fiorentino e la cgil) alla storia raccontata da clausneghe e alle sue rilevanti implicazioni antropologico-sociali. Tanto è vero che altri hanno commentato … il commento del mio quasi coetaneo (che dichiara 58 anni contro i miei 56). Al punto che clausneghe ha risposto come segue:

[…] Ma schiacciarmi no, nessuno c’è mai riuscito e mai ci riuscirà, perché io possiedo una coscienza di classe e un orgoglio personale, quello che magari manca alla moderna “carne da cannone” straniera sfruttata da padroncini avidi e senza onore né morale. Io mi sono difeso con successo, ho evitato di farmi colpire dall’energumeno (mi faceva sentire il suo alito fetido sul muso) e soprattutto sono riuscito a non AMMAZZARLO, come la rabbia mi diceva di fare. Avrei finito i miei giorni in galera o al manicomio. Inoltre ho ancora frecce nel mio arco, e le userò. Sopravviverò anche a questo, perché tutto quello che non ti uccide ti fortifica. Ciao.

Siamo andati di un passo oltre la guerra tra poveri, dunque, fino ad arrivare a un punto di non ritorno per il lavoro, in Italia e in molta parte d’Europa (nella Grecia dei trecento euro netti mensili di stipendio, o nella Spagna ad altissimo tasso di disoccupazione). Qui il discorso si intreccia con quello dell’immigrazione incontrollata, l’immigrazione che potremmo definire “indotta”, perché usata come arma sia contro i lavoratori autoctoni e i loro diritti, sia contro la specificità culturale dei nostri paesi. Ciò non significa colpevolizzare gli immigrati moldavi o rumeni (anche loro europei e soggetti alle stesse dinamiche che ci opprimono), ma solo riconoscere che attraverso di loro – o meglio, anche attraverso di loro – si esercita una pressione indescrivibile sui lavoratori italiani, ridotti in molti casi come clausneghe. Una pressione che per le sue implicazioni sociopolitiche, antropologiche e culturali va oltre il mero ricatto economico. A differenza di clausneghe, però, la grande maggioranza dei lavoratori oggi è priva di coscienza di classe … e della stessa classe come mondo culturale, attraversato da legami solidaristici! Così si inducono i “new workers” senza classe ad accettare condizioni di lavoro peggiori di quelle degli anni cinquanta. Se clausneghe resiste, grazie alla coscienza di classe che tiene alto l’orgoglio personale, tantissimi altri, più giovani, non hanno neppure questa difesa e non hanno piena consapevolezza della loro situazione di minorità.

Si dirà che scrivendo queste righe ho scoperto l’acqua calda e, in effetti, sembra che sia proprio così. Il punto è che le grandi verità non necessariamente sono complesse, alla portata della comprensione di pochi dotati, ma spesso sono semplici, esattamente come questa. E’ qui che ci porta il discorso crudo e disincantato del mio quasi-coetaneo clausneghe, cinquantottenne che lavora quando può, quando trova qualcosa, “respinto” dal mondo del lavoro più dei giovani. A differenza di loro, proprio perché vecchio, non è oggetto dei “pianti da coccodrillo” dei politici collaborazionisti o delle pelose attenzioni renziane.

Chiediamoci una cosa, dopo aver letto ciò che ha scritto il mio quasi-coetaneo, molto più “sfortunato” di me: cosa c’è oltre la guerra fra poveri, che rientra fra i classici strumenti di dominazione elitista? Cosa c’è oltre il mero ricatto economico, esercitato dal capitale sui lavoratori? C’è la scomposizione e ricomposizione dell’Europa per controllare una massa amorfa di lavoratori poveri che non hanno più le caratteristiche culturali e, alle loro spalle, la storia dei popoli europei originari. (grassetto nostro) Così sarà più facile azzerare del tutto la sovranità degli stati e delle nazioni, imporre la lex neoliberista senza concessioni al sociale, far digerire la robusta dose di darwinismo sociale – sopravvivano i più adatti, i più flessibili, i più “meticciati”! – che si nasconde dietro le attuali riforme del lavoro, per la supposta modernizzazione dell’omonimo mercato.

Battaglia per il Donbass

Instant book

Bye Bye Uncle Sam

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Di libri sulla crisi in Ucraina ed ancor più sulla guerra nel Donbass ce ne sono pochi, per non dire nessuno. “Battaglia per il Donbass” colma questa lacuna offrendo al lettore un’interpretazione dettagliata e puntuale dei fatti ucraini, scevra da tutti i condizionamenti e i preconcetti ideologici del mondo politico e mediatico occidentali. E’ un libro che può soddisfare la curiosità di quel lettore a cui la versione raccontata dalla stampa e dalla saggistica ufficiale non risulti esaustiva o convincente, ma che soprattutto può arricchire di nuovi punti di vista quanti, sui fatti di Kiev, hanno fin da subito adottato un approccio tipicamente filo-occidentale. Questo perché dotarsi di fonti e di chiavi di lettura nuove ed alternative rispetto a quelle consuete costituisce sempre e comunque un importante arricchimento critico, culturale e politico.
“Battaglia per il Donbass”, infatti, è un libro che racconta fatti e situazioni reali senza ferire o umiliare…

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La sovranità appartiene solo al popolo

Renzi ha già finito…

AlessandroPedrini Finanza&Mercati

Qualche riflessione sulle parole di Mario Draghi a proposito di sovranità

Alessandro Pedrini

Dopo averci portato al tracollo grazie alla finanza creativa è finalmente venuto allo scoperto il vero volto del sistema bancario, dimostrando agli occhi di tutti che loro sono gli effettivi governatori della UE, alla faccia dell’Europa dei popoli e dei cittadini.

All’inizio di luglio è il presidente della Bundesbank, il falco Weidmann che attaccava ironicamente l’Italia intromettendosi in questioni politiche che certo non gli competono.

Ora è l’italianissimo Mario Draghi che, a margine del Consiglio Direttivo dell’Eurotower del 6 agosto, affermava che “…è venuto il momento che i Paesi dell’Eurozona cedano sovranità all’Europa sulle riforme strutturali”. Chiedetelo ai cittadini greci che cosa significa cedere sovranità alla Troika. Un’affermazione tanto grave che pesa come un macigno. Un’affermazione fatta dal governatore della BCE che non è certo eletto dai cittadini dell’UE; la Banca Centrale Europea ha come obiettivo quelli…

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L’azzeramento della classe media

di Roberto Nardella

Agli inizi degli anni ’70 nei Paesi avanzati occidentali si andava facendo strada una evenienza: la relativa perdita di potere dei ceti ricchi (renditieri) a discapito delle classi operaie.
Tutto ciò non avveniva per caso: dalla fine della seconda guerra mondiale, e dalla ricostruzione che ne seguì, l’industria si dovette man mano piegare alle crescenti pretese salariali dei lavoratori. Il lavoro era abbondante e i margini di crescita enormi. Questa miscela, unitamente alla solidarietà post-bellica tra imprenditoria emergente e manodopera, mise le fondamenta alla creazione della classe media, spiazzando momentaneamente l’ancien régime.
Dal 1950 i sindacati cominciarono a riunire sotto le proprie sigle centinaia di migliaia di lavoratori: grazie alla lotta di classe gli aumenti salariali e di diritti degli operai, costellati di scioperi e rivolte anche più o meno cruente, non tardarono a dare i loro frutti. La classe lavoratrice aveva capito e fatto suo un concetto fondamentale: senza del loro apporto NULLA poteva essere creato.
Gli industriali, loro malgrado, furono costretti a far partecipare in maniera crescente ai lauti utili aziendali la forza lavoro che, guadagnando più del necessario al mero sostentamento, cominciò ad avere capitale disponibile, oltre che per una spesa maggiore che fece crescere vertiginosamente l’economia di detti Paesi, anche per investimenti in beni strumentali che accrescevano ancora maggiormente i loro introiti. Moltissimi operai lavoranti nelle zone industrializzate, con i risparmi derivanti da privazioni ed enormi sacrifici, compravano case e terre nei loro luoghi di origine dandole poi in affitto o aprivano piccoli commerci affidati agli altri membri della famiglia che non erano impiegati, creando di conseguenza altra ricchezza aggiuntiva.

Negli anni ’70, grazie soprattutto ad investimenti statali mirati, il PIL nominale procapite dei Paesi industrializzati cresceva prepotentemente, sostenuto dai consumi di quella classe operaia che ambiva a scalare la piramide sociale, portandola ad un graduale livellamento, e che, finalmente, poteva assicurare un’istruzione e una aspettativa di vita migliore alla propria progenie. Tutto questo non andava troppo bene agli industriali e ai renditieri, benché anch’essi ne traevano immensi benefici: dove sarebbe arrivato il popolino di questo passo? Avrebbe sicuramente e per sempre sfaldato quella piramide di cui costoro erano da sempre stati all’apice, mettendo alla fine in pratica il sogno socialista.
Non è un caso che la via alla globalizzazione si avviò alla fine di quel decennio: nel 1979, grazie alla corrente conservatrice di Milton Friedman, la Gran Bretagna della lady di ferro Margaret Thatcher e a seguire (1981) gli USA del presidente repubblicano Reagan cominciarono a smontare i diritti acquisiti dai lavoratori in tanti anni di dure lotte sindacali e ad aprire la via dell’emigrazione industriale di massa verso lidi più convenienti, dove produrre sarebbe costato anche il 70% in meno. La deindustrializzazione di due delle maggiori potenze manifatturiere dell’epoca aveva avuto inizio, e fu l’esempio da seguire per molti altri Paesi.

Leggi tutto: http://www.appelloalpopolo.it/?p=11981

Europarlamento

“Prima quando il mio collega di gruppo (Podemos) Couso interveniva e definiva l’atteggiamento dell’Unione Europea come sostegno aperto a un colpo di stato, un membro di questa commissione lo ha chiamato ‘spagnolo stalinista’. Per non scaldare gli animi – precisa Iglesias – devo dire che non nutro nessuna simpatia per Stalin né per Putin né per Yanukovich però che volete che vi dica: l’Unione Europea ha appoggiato un trasferimento di potere illegale in Ucraina è sostiene un governo che ha al suo interno membri di un partito neonazista. Questa non è una mia opinione ma sono fatti. E non é certo la prima volta che si concede sostegno a un colpo di stato; come voi sapete uno dei nostri principali alleati, gli Stati Uniti, sostengono colpi di stato da decenni a partire dalla Dottrina Monroe passando per la Dottrina Truman, la diplomazia di Kissinger fino ai casi recenti dell’Honduras o dell’Egitto. Io credo…”.

A questo punto il brusio in sala cresce di volume e la presidenza gli toglie la parola, non prima che il portavoce di Podemos riesca a dire uno sconsolato “non ci posso credere, l’oratore anteriore ha parlato per un minuto e mezzo”. Il dibattito parlamentare prosegue, e naturalmente nessuno risponderà alle domande.

L’articolo Europarlamento. Pablo Iglesias (Podemos) denuncia le posizioni dell’Ue in Ucraina e viene interrotto sembra essere il primo su L’ intellettuale dissidente.