#WWIV

Dice Eugenio Orso in http://pauperclass.myblog.it/2014/08/25/la-complessita-della-quarta-guerra-mondiale-eugenio-orso/

Il primo conflitto è scoppiato nel nord e nell’occidente del mondo, per distruggere i modelli di capitalismo novecenteschi d’importanti nazioni europee, come l’economia mista italiana, il capitalismo “renano” tedesco e l’economia mista francese con elementi di capitalismo “renano”, e imporre al vecchio continente il capitalismo ultraliberista anglosassone con respiro globale. O meglio, per imporre all’Europa un nuovo modo storico di produzione, all’apice del trionfo del capitale sul lavoro (e su gran parte dell’umanità), che possiamo chiamare in sintesi neocapitalismo finanziarizzato.

L’attacco, in atto da un buon ventennio, è diretto contro lo stato sociale, la spesa pubblica (che dovrebbe avere funzione propulsiva nei periodi di crisi), l’intervento statale nell’economia, la protezione delle produzioni nazionali, i diritti dei lavoratori, i livelli di occupazione, i redditi popolari, e in ultimo ma non ultima, la sovranità politica e monetaria degli stati.

Come se questo non bastasse ci complicano la vita con masse di migranti e di mercenari simili alle compagnie di ventura cinquecentesche; per quanto tempo ancora potremo resistere (soprattutto finché ancora ci rifiutiamo di capire lo scenario in cui ci muoviamo)?

Cupio dissolvi

Se uno legge come è cambiata nel tempo l’idea di società: http://gabriellagiudici.it/societa/#more-28664

e come di questo processo la stragrande maggioranza delle persone non abbia mai letto nulla (e meno in futuro ne leggerà con l’abolizione della filosofia nei licei) ci si domanda per quale caso fortunato l’umanità non si sia ancora distrutta.

Tuttavia, vedendo nelle odierne cronache chiari i segni di quella che Freud, circa un centinaio di anni fa aveva identificato come nevrosi:

L’istinto di morte celato nella coazione a ripetere.

Lo scopo ultimo dell’istinto di morte è la distruzione dell’individuo, ma si può esprimere anche in modi più pacati come nella coazione a ripetere. La coazione a ripetere è il fenomeno per il quale l’individuo continua a ripetere un’azione dalle conseguenze spiacevoli e negative. Freud osservò questo meccanismo per la prima volta nelle nevrosi e inizialmente lo classificò come una manifestazione della censura. La riscoperta dell’istinto di morte permette una nuova lettura: la coazione a ripetere è espressione del desiderio di giungere alla distruzione cioè a quello stato di non vita da cui originiamo.

Si può tranquillamente pensare che i nostri desideri inconsci stiano per essere esauditi.

 

Distrazioni

Il governo vor­rebbe andare all’attacco delle pen­sioni. Eppure il pre­mier Renzi aveva escluso il «pre­lievo di soli­da­rietà» su quelle sopra i 3–3500 mila euro lordi al mese dopo avere visto le carte della spen­ding review pre­sen­tate da Carlo Cot­ta­relli a marzo. Tra l’altro in que­sto piano c’era anche l’aumento di anno dell’anzianità delle donne per la pen­sione anti­ci­pata e la revi­sione delle pen­sioni di rever­si­bi­lità. Poi all’esigenza di evi­tare nuovi eso­dati e fare qua­drare i conti della disa­strata riforma For­nero, si è aggiunta la neces­sità di repe­rire 10 miliardi per finan­ziare il bonus Irpef da 80 euro e il pro­messo taglio dell’Irap.

Leggi tutto: http://ilmanifesto.info/pensioni-di-nuovo-nel-mirino-e-il-governo-si-spacca/

Il diavolo fa le pentole…

Ma, mentre i media occidentali scoprono la persecuzioni dei cristiani del nord dell’Iraq e plaudono all’intervento dell’aviazione statunitense nella regione, i documenti riservati resi pubblici in questi anni da Wikileaks ci raccontano la vera storia delle relazioni tra Casa Bianca e fondamentalismo islamico sunnita.

Leggi tutto: http://contropiano.org/internazionale/item/25715-quando-washington-sosteneva-lo-stato-islamico

Negare l’evidenza

Quello che ormai è ovvio per chi legge questo blog, non lo è altrettanto per gli altri, anche per quelli che si ritengono di opposizione, lo dimostra un bell’articolo di Eugenio Orso che commenta un articolo di Guido Viale  (in fondo i link ai due articoli e, qui di seguito, un estratto):

Si vuole suggerire subdolamente, turlupinando il popolo bue “mentecattizzato” riducibile in ogni momento a elettorato, che un’altra Europa è possibile (lista Tsipras e affini), che le politiche europoidi contro le popolazioni e le classi dominate si possono correggere, che questa meravigliosa democrazia, ma soprattutto le istituzioni europoidi possono essere mantenute in vita, preservate in saecula saeculorum scongiurando il “pericoloso” ritorno alla sovranità assoluta degli Stati. Basterebbe cambiare un po’ di cose, senza prendere la Bastiglia con le armi, e naturalmente aumentando le briciole di pil da gettare ai lavoratori, ai pensionati, agli studenti, esattamente come il granone che si lancia ai piccioni (destinati comunque allo spiedo).

L’impianto di potere europoide funziona benissimo così, per gli scopi che persegue, e tutti coloro che lo subiscono possono solo combatterlo e distruggerlo, non certo “sfruttare spazi di flessibilità” nei suoi interstizi o “riformarlo radicalmente”, partendo dai trattati, ma tenendolo comunque in piedi.

E’ ovviamente vero che i conflitti intorno all’Europa (e dentro i suoi confini) si ripercuoteranno sull’intero continente con riflessi negativi, e financo drammatici, ma nell’articolo Viale non individua con chiarezza i responsabili di un tale disastro, e cioè la sua sorgente neocapitalistica che determina la stessa ”architettura” unionista europoide, limitandosi a stigmatizzare genericamente l’<<espansionismo della Nato (cioè degli Stati Uniti, verso cui l’Unione Euro­pea mostra sem­pre più la pro­pria sud­di­tanza) …>>. Con il chiaro intento di non mettere in discussione fin dalle fondamenta l’unionismo nuovo-capitalistico, voluto dalla grande finanza che alimenta il warfare in corso, per continuare a sbandierare in salsa radical-riformista, come fa la sinistra ipocritamente, l’”ideale europeo” sopranazionale.

La verità è che oggi il capitalismo finanziarizzato, espressione dei soli interessi privati della classe globale dominante, è all’attacco contro tutti combattendo fino in fondo la sua guerra, senza scrupolo alcuno e senza alcun residuo di umanità. Combatte contro di noi da posizioni di forza (economica e politica), deprimendo i redditi popolari, facendo evaporare il lavoro e distruggendo il sociale. Combatte contro le popolazioni africane e asiatiche e i loro governi, fomentando conflitti distruttivi, di sterminio di  massa, che frantumano gli stati fino al loro “fallimento”, anziché unirli nel cosiddetto spazio globale.

L’esempio che dà e che darà l’Europa, prigioniera dell’unione, è quello di un’entità neocapitalistica che si allinea e supporta senza fiatare queste strategie, nonostante le baggianate propagandistiche che ci propina la sinistra euroserva. Perciò, il primo passo per una futura liberazione (oggi più che mai in forse) è quello di distruggere la sinistra euroserva e neoliberista, in tutte le sue molteplici e ingannevoli sfaccettature, in Italia come nel resto d’Europa.

Eugenio Orso in http://pauperclass.myblog.it/2014/08/02/capitalismo-finanziarizzato-eugenio-orso/

L’articolo di Viale lo trovate qui: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=73716

L’Italia è morta

Essenzialmente per due motivi: il primo è che gli Italiani si rifiutano di credere quello che gli ha anticipato il direttore del Corriere della sera (poi silurato); il secondo, che è arrivato il giorno del giudizio (ribadito dal suo profeta Scalfari.

Il giorno dopo che De Bortoli ha annunciato questo scenario, Rcs fa sapere che non si avvarrà più della collaborazione del direttore. È stato infranto un vincolo di riservatezza, qualcosa che doveva essere taciuto è stato rivelato e forse il direttore ha pagato questa delazione, anche se l’impressione è quella di un Ponzio Pilato che vuole lavarsi le mani del sangue degli italiani e non intende accollarsi la responsabilità morale di un disastro sociale ed economico senza precedenti.

Non passano che pochi giorni dalle scioccanti dichiarazioni di De Bortoli che il Barbapapà del giornalismo italiano, Eugenio Scalfari di Repubblica ci fa dono di una delle sue memorabili articolesse domenicali dove si augura una venuta della Troika *

Estratto da http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=107791&typeb=0

* Fondo Monetario Internazionale  (FMI) ,  Banca Centrale Europea (BCE) e dalla Commissione Europea

In realtà Padoan ha già cominciato a prendere in mano la situazione negando il pensionamento degli insegnanti concesso da Renzi; se volete sapere il seguito leggete l’articolo precedente.

L’Argentina è viva!

Questo articolo è stato scritto il 13 luglio e spiega molte cose, anche la situazione Ucraina e le sanzioni alla Russia, però, pur essendo io abbonato al blog citato sotto, mi è stato recapitato solo oggi (censura della rete?).

Ne riporto larga parte perché contiene informazioni fondamentali per noi italiani e che i media si guardano bene dal riportare; condividetele il più possibile, magari anche l’articolo originale:

http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2014/07/la-partita-della-vita-ma-lo-sapete-qual.html

Nel 1999, in Argentina c’era un governo di centro-destra, capeggiato da un certo Medem, grande sostenitore del neo-liberismo, fautore del rigore e dell’austerità, amico dei colossi finanziari anglo-americani, solerte esecutore dei diktat del Fondo Monetario Internazionale. Nell’estate di quell’anno era arrivato il responsabile del “desk Argentina”, un economista di punta del Fondo, certo Pier Carlo Padoan (l’attuale ministro dell’economia della Repubblica Italiana), il quale aveva imposto tutta una serie di manovre specifiche di carattere economico (che il governo argentino aveva sottoscritto in pieno senza protestare) tra cui l’obbligo di allacciare la moneta al dollaro come valore, di fatto rinunciando alla propria sovranità monetaria, l’obbligo di investire una quota percentuale del proprio pil in specifici fondi a carattere speculativo molto rischiosi, l’obbligo di praticare una politica di tagli lineari per rimettere il bilancio in pareggio che avevano distrutto l’economia locale, portato la disoccupazione dall’11% al 23% e distrutto l’istruzione, la sanità, i trasporti pubblici. In seguito all’applicazione delle manovre richieste dal sign. Padoan, l’Argentina -per fare cassa- aveva venduto tutti i gioielli nazionali, dal petrolio all’energia elettrica, dalla telefonia all’intero sistema di telecomunicazioni, dal controllo delle sementi alla gestione del turismo a grandi multinazionali di Usa, Gran Bretagna e Italia. In seguito a queste manovre, l’economia argentina era stata completamente distrutta e nel 2002 era andata in bancarotta dichiarando formalmente fallimento per la cifra di 118 miliardi di dollari. Per una economia il cui pil era intorno ai 200 miliardi, insostenibile.
Il paese andò a picco.
Diciotto mesi dopo la disoccupazione aveva raggiunto la punta del 58% e tra i giovani del 75%.
L’Argentina dichiarò che avrebbe pagato e chiese una dilazione.
Si aprì una trattativa internazionale gestita dal Tribunale dell’Aja, alla fine della quale si chiuse un accordo tale per cui si consentiva all’Argentina di pagare l’intera massa debitoria aumentata degli interessi composti entro e non oltre il 2014. Gli argentini accettarono, riservandosi -con specifica clausola- il diritto di poter legiferare, gestire, e organizzare la propria economia e la potenziale ripresa senza che il Fondo Monetario Internazionale (FMI) mettesse bocca, fermo restando il pagamento della cifra di 14 miliardi di dollari all’anno per dieci anni, in 20 rate complessive.
Sia Menem che De La Rua, i due presidenti neo-liberisti che si alternarono tra il 2000 e il 2004 furono costretti a fuggire dal parlamento con l’elicottero, inseguiti dalla folla inferocita che lanciò lo slogan “que se vayan todos” (trad.: tutti a casa) mentre in Europa si raccontava che il populismo stava dilagando in Argentina. Nel 2005 vince le elezioni il partito peronista, gestito dall’ala sinistra dei Montoneros, il gruppo che aveva condotto la resistenza armata contro la dittatura militare agli inizi degli anni’80, capitanati da una sindacalista del meridione, Cristina Kirchner, moglie dell’avvocato Nelson Kirchner che diventa presidente nel 2004. Pier Carlo Padoan viene spostato dal desk Argentina al desk Grecia, di cui gestisce la pianificazione economica dal 2005 al 2011, anno in cui viene spostato al desk Portogallo dove rimane fino al 2012, anno in cui viene promosso alla carica di vice-presidente del Fondo Monetario Internazionale. Intanto, in Argentina, Kirchner assume il potere, cambia prospettiva economica e lancia un poderoso piano keynesiano di investimenti decennali. Il paese poco a poco comincia a riprendersi. L’Argentina comincia a pagare i suoi debiti con regolarità. Nel 2008 è lei, Cristina, a vincere le nuove elezioni con una maggioranza strabordante  (quasi il 70%) e assume il potere applicando immediatamente delle manovre economiche che si scontrano con la volontà del Fondo Monetario Internazionale. Ma la Kirchner si rifiuta anche di incontrarli. Vara nuove leggi che consentono la riappropriazione della moneta da parte del Banco Nacional; le azioni della banca vengono acquistate al 100% dal Ministero del Tesoro; lancia manovre protezionistiche per salvaguardare l’industria nazionale; istituisce il reddito universale di cittadinanza; impone il bilancio sociale nelle grandi città; fa varare una legge che impone la distinzione tra banche d’affari speculative e banche di credito e risparmio; vieta l’investimento in derivati speculativi finanziari a ogni cittadino della repubblica argentina; lancia la guerra contro la povertà e contro la criminalità organizzata. In 4 anni, dal 2009 al 2012, porta l’Argentina dal fallimento a un nuovo boom economico. Riduce la povertà dal 40% al 6%. Abbatte la disoccupazione portando gli indici dal 28% del 2008 al 5% del 2013. Fa aumentare la produzione industriale al ritmo del 15% annuo, per quattro anni di seguito il pil complessivo aumenta al ritmo del 7%; apre ai grandi investimenti internazionali e riesce a pagare l’intero debito sottoscritto nel 2003 con un anticipo di 40 mesi. Il 10 dicembre del 2012, la Kirchner a New York, nella sede del Fondo si fa fotografare con la gigantografia dell’ultimo assegno versato. Il paese è ormai lanciato, insieme all’inflazione che raggiunge il picco del 20%. Saldato il debito, alla fine di dicembre del 2012, arriva il Fondo e c’è lo scontro tra Cristina Kirchner e Christine Lagarde. La francese lancia l’allarme inflazione e impone misure immediate di austerità e rigore. La Kirchner le boccia ed espelle i membri del Fondo dal paese dichiarando: preferisco avere un’inflazione alle stelle ma sapere che governo un popolo felice con una qualità della vita molto più alta di un tempo, piuttosto che avere un’inflazione a zero ma essere totalmente depressi e infelici come i francesi e gli italiani che seguono pedissequamente i vostri orribili consigli da strozzini. A me non interessano i grafici, interessano le esistenze dei miei cittadini.
Avviene la rottura ufficiale.
Due mesi dopo arrivano le prime denunce internazionali. Prima dalla Gran Bretagna (vince l’Argentina), poi la Francia (vince l’Argentina) e infine nel 2013 da parte di un fondo privato statunitense che pretende il pagamento immediato della cifra di 1,5 miliardi di dollari pena la dichiarazione tecnica di default. La pratica viene affidata a Padoan, che aveva aperto il mercato argentino a questo fondo; il FMI trova una clausola legale per cui sposta il giudizio da l’Aja a New York, nella circoscrizione in cui ha sede il quartiere generale del fondo. Si arriva al giugno del 2014 e il giudice americano impone il pagamento immediato all’Argentina, la quale, nel frattempo, non può ottenere prestiti internazionali perché il FMI ha fatto il vuoto intorno al paese. Il 30 giugno 2014, lunedì, a pagina 8 del quotidiano la Repubblica, compare un’ intera pagina a pagamento, firmata “presidenza della nazione repubblica argentina”, dal titolo “comunicato ufficiale del governo argentino: l’Argentina paga i suoi debiti”. Su questa pagina si racconta l’intera vicenda e si invita la popolazione italiana a prendere atto della situazione internazionale, ad alzare il proprio livello di consapevolezza globale, dichiarando che l’Argentina pagherà grazie all’aiuto di nazioni amiche.
Questo comunicato è stato ripreso per intero dal sito online “Il Post” che così lo presenta: Oggi su diversi giornali europei, tra cui Repubblica in Italia, è stata pubblicata una pagina a pagamento della presidenza dell’Argentina. La pagina è intitolata: “L’Argentina vuole continuare a pagare il suo debito ma non glielo lasciano fare”.
Nel lungo comunicato si spiega la posizione del governo riguardo la decisione della Corte suprema degli Stati Uniti sugli hedge funds statunitensi. La scorsa settimana, infatti, la Corte ha rifiutato l’appello del governo argentino e – confermando delle precedenti sentenze – ha deciso in via definitiva che alcuni possessori di titoli di stato argentini che non avevano accettato la ristrutturazione del debito successiva al default del 2001 (tradotto: alcuni creditori che non avevano accettato di ricevere solo una parte dei loro soldi) devono essere rimborsati al cento per cento: la cifra da pagare per l’Argentina corrisponde a 1,33 miliardi di dollari. Se l’Argentina non rimborserà questi fondi, non potrà nemmeno effettuare i pagamenti sul debito ristrutturato – quelli “ridotti” – che scadono il prossimo 30 giugno. Questo è un punto fondamentale: il giudice della Corte suprema ha infatti «ordinato alla Banca di New York e alle società di servizi di compensazione di non pagare». Chi è interessato lo trova nel link: http://www.ilpost.it/2014/06/24/il-comunicato-dellargentina-sulla-sentenza-usa/
Nella pagina si invita la popolazione e i media che volessero essere informati, a rivolgersi direttamente a Analia Rach, braccio destro della Kirchner, o per e-mail: privada@jefatura.gob.ar oppure per telefono: 0054114114’9595; oppure attraverso richieste all’e-mail: info@cancilleria.gob.ar, nel frattempo andando a leggere l’intera questione sul sito http://www.mrecic.gov.ar/.
Scarsa reazione in Italia.
Nè a livello mediatico nè politico.
Ma sono intervenuti abili soggetti politici, in testa Vladimir Putin, il quale in data 10 luglio 2014 si è conquistato l’intero continente sudamericano -uno stratega davvero geniale- con due manovre: ha azzerato l’intero debito dell’isola di Cuba, ha dimezzato il debito di Cile, Uruguay e Bolivia con il Fondo Monetario Internazionale pagandolo in oro e si è posto come garante a nome dell’Argentina versando l’equivalente in tonnellate d’oro; il che, tradotto, vuol dire che adesso il giudice di New York se le deve vedere “direttamente” con Vladimir Putin perché il leader russo risulta legalmente “garante personale”. Bella rogna per Barack Obama.
Bella rogna anche per Angela Merkel dato che deve aprirsi i mercati sudamericani per le sue merci, soprattutto BMW e Mercedes per la nuova borghesia emergente, e con un Putin in prima fila in Sud America, l’Europa occidentale finisce in posizione di sudditanza.
L’Italia totalmente assente.
Ha pigolato un vago mugugno della serie “anche noi vorremmo…ci piacerebbe…” ma dal Sud America è arrivata la risposta ufficiale: non riconosciamo come interlocutore attendibile una nazione che ha come ministro dell’economia il boia di Buenos Aires.
E così, i tre più intelligenti soggetti politici internazionali in attività, Vladimir Putin, Angela Merkel e Cristina Kirchner si incontrano per affrontare e risolvere la vicenda, a Brasilia, domani.
In teoria, e anche formalmente, avrebbe dovuto essere la Repubblica Italiana, in quanto ha la presidenza del semestre, a partecipare a tale riunione. Ma si è suicidata, strada facendo. Nessuno, dentro al governo italiano, a quanto pare ha capito che cosa stesse accadendo. La Merkel ne ha approfittato per ottenere un doppio risultato; ha, infatti, risposto: avete ragione, ci vado personalmente come leader tedesca e non a nome dell’Europa o dell’euro.
Così, sia l’Europa che l’Italia sono state eliminate in una botta sola.

Sergio Di Cori Modigliani