Santuari

Fin dal 2012 i maggiordomi italioti della superclasse, aspiranti ad essere ammessi alla superclasse mondiale, hanno inserito l’obbligo di pareggio di bilancio in Costituzione. E’ il nodo scorsoio che ci strangola, ed è stato opera di Mario Monti, per mostrare il suo zelo alle volontà di Schauble e Merkel. Attali propone di “santuarizzare”, ossia di sottrarre al voto e volontà popolare, molti altri temi iscrivendoli nel marmo delle costituzioni. Lo chiama “santuarizzare il Progresso”. La superclasse definisce infatti “progresso” la propria ideologia liberista-libertaria, e “i nostri valori” le nozze gay, la vendita di bambini (utero in affitto), il rimpiazzo multiculturale, e l’eutanasia somministrata dal servizio sanitario nazionale.

Come detta infatti il documento di Davos, “I fattori di rischio [la volontà popolare] possono essere arginati creando società più inclusive basate sulla cooperazione internazionale”. Al di fuori della neolingua, “società più inclusive” indica l’utilità di sommergere la popolazione votante sotto ondate di immigrati estranei, votanti anch’essi, per lo più secondo i desiderata della superclasse perché ostili rispetto al popolino fra cui sono venuti a vivere. L’utilità s’è vista nelle ultime elezioni francesi,
dove gli immigrati hanno votato in massa il banchiere d’affari.

http://www.maurizioblondet.it/la-beata-superclasse-mondiale-un-identikit/

Armata navale Russa

L‘Armata navale russa nel Mediterraneo ha lanciato 4 missili da crociera Kalibr con cui ha colpito e distrutto le postazioni dell’ISIS nelle vicinanze di Palmira,come comunicato dal Ministero della Difesa russo. “La fregata Almiraglio Essen ed il sottomarino Krasnodar hanno lanciato 4 missili da crociera kalibr dal Mar Mediterraneo verso le posizioni del gruppo terrorista dell’ISIS. Tutti gli obiettivi sono stati raggiunti”, recita il comunicato. In particolare sono stati distrutti i rifugi dove si trovava materiale pesante e formazioni degli jihadisti trasferitisi da Raqqua. Il comunicato ha messo in risalto la capacità delle forze russe di colpire con precisione qualsiasi obiettivo nel teatro siriano. Nota: Questo azione delle forze russe in Siria, secondo vari analisti militari, rappresenta un doppio segnale destinato agli USA ed all’Arabia Saudita (i paesi che notoriamente sostengono i gruppi terroristi). Il primo è che la Russia non si lascia intimidire dalla presenza di forze USA sul campo e prosegue la sua opera di annientamento dei gruppi  terroristi utilizzando anche i mezzi più avanzati di cui dispone. Il secondo è che il Comando Militare congiunto (Russia-Siria-Iran) non permetterà alle forze dei ribelli appoggiati dagli USA di trasferirsi nella zona centrale della Siria per creare una secessione di fatto della provincia di Al Sweda, secondo il piano USA di smembramento della Siria. Fonti: Al Masdar News Sputnik Mundo Traduzione e nota: L.Lago in http://www.controinformazione.info/la-forze-navali-russe-nel-mediterraneo-lanciano-missili-contro-le-postazioni-dellisis/

Attacco ai Copti

“Ci sparavano contro – hanno raccontato i superstiti – e filmavano tutto”.

I cristiani copti stavano viaggiando verso il monastero di Anba Samuel. Un commando armato ha sparato contro l’autobus: almeno 35 morti, molti dei quali bambini

Questa mattina, a Minya, città di quasi 200mila abitanti a circa 250 chilometri a sud del Cairo, è stato preso d’assalto un autobus. Ad attaccarlo è stato un commando formato da dieci persone a volto coperto che, imbracciando armi automatiche, hanno aperto il fuoco sui quaranta cristiani copti che, dalla città di Beni Suef, stavano andando al monastero di San Samuele. Ne ha ammazzati 35, alcuni dei quali erano bambini. I feriti, una ventina in tutto, sono stati trasportati presso l’ospedale di Maghagha. 

L’attentato di oggi in Egitto contro un bus che trasportava cristiani copti è l’ennesimo attentato terroristico contro questa comunità con radici millenarie, che vanta 10 milioni di fedeli, moltissimi appartenenti alla diaspora, che formano il 10% della popolazione del Paese a stragrande maggioranza musulmana. Dalle Primavere Arabe del 2011 e dalla cacciata di Hosni Mubarak, che godeva del sostegno dell’ex patriarca Shenouda III, i copti hanno vissuto in uno stato di crescente tensione che ha avuto il suo apice durante il periodo del governo del presidente islamista, Mohamed Morsi. Solo dal 2013 vi sono stati una quarantina fra aggressioni di cristiani e attacchi a chiese, in pratica un episodio al mese, con decine di morti.

L’epicentro delle violenze è l’Egitto rurale e in particolare la regione di Minya, il turbolento governatorato con il mix esplosivo di un 35% di popolazione cristiana e un forte radicamento jihadista. E proprio nella regione di Minya, a circa 250 chilometri a sud-ovest del Cairo, si è verificato l’attacco armato di oggi. Il presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi, che ha destituito Morsi promettendo di ripristinare l’ordine e di proteggere le minoranze, ha convocato una riunione di emergenza del Consiglio nazionale di sicurezza. Recentemente aveva ribadito che gli egiziani “sono tutti uguali nei loro diritti e nei loro doveri, in accordo con la Costituzione” e ha lodato la calma e la saggezza con cui la comunità cristiana sta rispondendo alle violenze. Una legge per punire ogni atto che mina all’unità nazionale e per allentare le limitazioni per la costruzione di nuove chiese è all’esame del Parlamento.

I copti sono una minoranza che ha sempre avuto un ruolo chiave nell’economia e nell’establishment dell’Egitto, anche se molti di loro oggi vivono sotto la soglia di povertà. Sono cristiani la maggioranza degli orafi e la gran parte degli impiegati nel settore farmaceutico del Paese, così come alcune delle famiglie più ricche dell’Egitto come i Sawiris, che controllano il gigante delle telecomunicazioni Orascom. Dinastie di copti hanno ricoperto incarichi politici di primo piano: un membro della famiglia Boutros Ghali ha sempre fatto parte dei vari governi prima della caduta di Mubarak e un suo esponente, Boutros Boutros Ghali, è stato ministro degli Esteri prima di diventare segretario dell’Onu.

Fin qui Sergio Rame – Ven, 26/05/2017

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/egitto-attacco-ai-cristiani-copti-almeno-25-uccisi-su-1402384.html

Fahrenheit 451

di Luciano Lago Ancora una volta un episodio di intolleranza violenta contro la cultura non conforme: il Circolo culturale con Libreria annessa, “La Terra dei Padri” di Modena, è stato dato alle fiamme nella notte di Mercoledì scorso a Modena. Il Circolo culturale, già dalla sua inaugurazione, nel Gennaio dell’anno in corso, era stato fatto oggetto di intimidazioni, cortei di protesta, invettive e condanne da parte dei partiti e delle associazioni delle sinistra mondialista, con il PDI e l’ANPDI in testa a denunciare il “pericolo fascista”. Questo perchè l’impostazione culturale e politica del Circolo non era allineata a quella del “Pensiero Unico” vigente, in particolare in una zona da sempre gestita dal PD e dai suoi sodali. Nonostante questa ostilità manifestata, il Circolo, che ospitava una nutrita biblioteca, era andato avanti con le sue iniziative metapolitiche e culturali come conferenze sul conflitto nell’Ucraina e del Donbass, commemorazione della figura del giornalista scomparso Arrigo Grilts, presentazione di libri come l’ultima opera di Sensini sull’ISIS, una piccola fiera dell’Editoria indipendente con esposizione di libri di case editrici non omologate, un convegno sullo Scontro di Civiltà, l’Europa ed il terrorismo, ed altre interessanti iniziative. Il successo di queste iniziative aveva attirato molte iscrizioni di nuovi soci al circolo e questo aveva sicuramente dato fastidio e di conseguenza, da qualche settore politico, è arrivato l’ordine di far tacere quella fastidiosa voce dissidente. Puntuale è arrivato l’attacco incendiario alla sede nella notte, attacco che non è difficile supporre che sia stato affidato a qualche gruppo di quelli che agiscono sotto le spoglie di sigle anarchiche o dei centri sociali e che in realtà svolgono la insostituibile funzione di “truppe cammellate” del sistema. Vedi: Modena, incendio doloso alla sede della Terra dei Padri Non è la prima volta e non sarà l’ultima. La fase attuale di soppressione del dissenso, a cui si sta rapidamente arrivando, consiste nel silenziare le voci dissidenti sul web, con il pretesto di controllare la rete e” prevenire la diffusione dell’odio” (Boldrini), oppure in altri casi si passa  a bruciare direttamente le librerie ed i circoli culturali dove circolano idee difformi e sono custoditi e venduti al pubblico i libri dissenzienti rispetto al “Pensiero Unico”. In quel caso il sistema fa ricorso al suo braccio violento, costituito quasi sempre dai “centri sociali” mobilitati per distruggere le librerie o bastonare le persone che siano interessate a divulgare le idee proibite.

leggi tutto su http://www.controinformazione.info/quando-i-padroni-del-pensiero-unico-danno-ordine-di-bruciare-le-librerie-2/

Focus G7

Oggi e domani si terrà a Taormina la riunione dei leaders del G7. Il vertice sarà incentrato sull’economia mondiale, la politica estera, la sicurezza dei cittadini e la sostenibilità ambientale. L’UE sarà rappresentata dal Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, e dal Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. Il tema della presidenza italiana del G7 nel 2017 è “Costruire le basi di una fiducia rinnovata”.

Non c’è mai da attendersi nulla di  molto concreto da tali assise, al di la del consueto bla-bla, di tanti buoni propositi. Ultima tappa del viaggio del Presidente Trump in Medio Oriente ed Italia, con un G7 ancora sotto l’incubo della strage di Manchester (con mandanti sempre oscuri, inafferrabili, ed esecutori materiali o uccisi, ovvio, o spariti nel nulla, secondo il classico copione delle Spy Stories ed oggi, purtroppo, del terrorismo) e senza la Russia di Putin, tuttora in castigo per le vicende ucraine.

Intanto Trump e Melania sono stati ricevuti in Vaticano per la rituale foto e stretta di mano con Bergoglio. Un incontro da qualcuno definito, con esagerazione, “storico”, dopo i botta e risposta a distanza su muro del Messico ed accoglienza  dei mesi scorsi, gli inviti della Santa Sede ad  “edificare ponti anziché muri”.  Il Presidente statunitense è arrivato, con la moglie, la figlia Ivanka ed il genero Kushner, si è riunito  per un colloquio privato nella biblioteca del Pontefice, durato poco meno di mezz’ora, ed al termine il Papa ha stretto la mano anche a Melania e Ivanka, entrambe vestite di nero e con la veletta in testa (che magari farà sorridere i musulmani), come richiede l’antico protocollo. Poi le frasi di circostanza: “Per me è stato un grandissimo onore incontrarla”, ha detto Trump salutando Papa Bergoglio, prima dei doni di prammatica e l’incontro con il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin.

Dopo l’incontro col Papa, Trump ha incontrato al Quirinale Sergio Mattarella. Melania è andata all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù ed alla Comunità di Sant’Egidio. Infine la famiglia Trump ha incontrato a Villa Taverna, per un pranzo informale, il premier italiano Paolo Gentiloni.

Il bombardamento Usa di Roma nel 1943

“La Stampa” ha ricordato che quando gli americani decisero di bombardare Roma, il 19 luglio del 1943, si trovarono di fronte al problema dell’eccesso di piloti protestanti che si presentarono volontari per “bombardare il Papa”. Il Comandante in capo e futuro Presidente Eisenhower, già allora preoccupato delle ricadute politiche verso i cattolici dell’Impero  statunitense,  dovette formare equipaggi di soli cattolici per i suoi bombardieri, affinché non saltasse in testa a qualcuno una deviazione verso l’odiato Vaticano!

Leggi tutto su http://www.barbadillo.it/65915-focusg7-lorizzonte-internazionale-del-cinico-donald-trump/

E guerra sia

Spero sia chiaro  quel che è accaduto a Ryad,  e trovo strano che i titoli dei media occidentali facciano finta di non capirlo.  Affiancato dai monarchi sauditi e dagli emiri che finanziano Isis, al Qaeda, tutti i mercenari al Captagon che devastano e decapitano in Siria, ha dichiarato che “l’Iran è la punta di diamante del terrorismo globale”  – ripetendo una frase appena pronunciata da re Salman – ed ha ingiunto a Teheran di smettere di aiutare i  terroristi islamici. Tali “terroristi islamici” sono  ovviamente Hezbollah in Libano, e il governo siriano di Assad, che l’Iran aiuta militarmente contro l’aggressione saudito-americana ed ebraica. Ovviamente, Hezbollah è ritenuto da Israele “una minaccia esistenziale” (perché è la solo forza araba che l’ha vinta in uno scontro), e questo dovrebbe spiegare abbastanza: gli Usa tornano a fare le guerre per Israele. Come sempre.

Dei “sette stati in cinque anni” che al Pentagono era stato incaricati di abbattere dopo e col pretesto dell’11 Settembre, l’Iran è il solo rimasto  intatto. Gli altri, Irak, Siria, Libia, Somalia, Sudan, sono stati  devastati come Israele ha voluto.  Per anni McCain ha canterellato “Bomb bomb bomb Iran”, come suggeriva la lobby, invano. Ora sembra  che ci siamo. Trump ha annunciato la creazione di una grande alleanza araba contro l’Iran, una specie di NATO del Golfo; sunniti contro sciiti, con una piccola eccezione:  Israele sarà fianco dell’Arabia Saudita. Contro Teheran, guerra senza quartiere. Proprio nel momento in cui gli iraniani, votando massicciamente Rouhani, hanno espresso la speranza di normalizzare i rapporti  con l’Occidente.  Tutto il successo di Rouhani è stato la rinuncia all’arma atomica, in cambio della riammissione del paese all’onore del mondo, dopo un trentennio di sanzioni. Questa speranza sarà resa vana. La sola salvezza, nel mondo  creato dalla superpotenza al servizio di Sion, è proprio avere le testate atomiche sufficienti a dissuadere i criminali globali.

Sarà guerra ibrida, sovversione e aggressione, come al solito. Sembra che i cervelli strategici Usa ritengano il regime  in grave crisi economica, dissanguato nelle finanze dall’aiuto che fornisce a Siria e Hezbollah, e la popolazione sia sull’orlo della rivolta: regime change in vista.

La  casa saudita ha pagato caro. Il prezzo del riscatto, secondo Silvia Cattori. Altro che 150 miliardi di dollari in armamenti. “L’Arabia ha promesso 300 miliardi di dollari di contratti di difesa nel prossimo decennio, e 40 miliardi di dollari d’investimento nelle infrastrutture. La cifra finale, secondo alcuni iniziati di Wall Street, potrebbe ancora salire a mille milioni di dollari. La Casa Bianca è in estasi davanti agli effetti di questa pioggia di denaro saudita all’interno del Paese. Secondo il resoconto uffiilale dopo l’incontro avvenuto (alla Casa Bianca) tra il principe ereditario ben Salman e Trump, oltre un milione di posti di lavoro potrebbero essere creati direttamente, e  milioni di altri  nella catena di approvvigionamento”.

Insomma Ryad ha accettato di salvare l’industria americana dalla bancarotta, di ravvivare la sola industria che conti –  il militare-industriale. Trump  ha ottenuto di fare l’America “great again” con i miliardi di Ryad. Trump   aveva promesso di far pagare i sauditi  anche per i missili che non userà, l’immane spropositato  sofisticato  armamento, inutilizzabile in un regnicolo di analfabeti.  Assistiamo ad una fantastica integrazione economica e politica fra la Superpotenza e  la cosca wahabita  decapitatrice,  dove l’una sostiene l’altra impedendole di crollare, una nella bancarotta, l’altra nell’autodistruzione; un mostro genetico in fieri da diverso tempo, da quando Hillary era ministra degli Esteri.  Un mostro a due teste, anzi a tre – non bisogna dimenticare infatti la nota lobby, fautrice dell’integrazione saudio-americana.

http://www.maurizioblondet.it/trump-bin-salman-ridichiarato-guerra-alliran/

Guerre spaziali

Le tecnologie spaziali danno origine a nuovi modi per svolgere le operazioni militari. Oggi, di circa 1380 satelliti in orbita, 149 sono militari e a doppio uso statunitensi, in confronto la Russia ne dispone di 75, la Cina 35, Israele 9, Francia 8 e Regno Unito e Germania 7“.
Le maggiori potenze attualmente sviluppano tecnologia militare spaziale. “Lo spazio prossimo alla Terra è sempre più militarizzato“. All’inizio dell’anno, il vicecomandante del Comando Strategico degli Stati Uniti disse che è necessario inviare ai nemici futuri degli Stati Uniti il segnale di essere disposti a combattere una guerra nello spazio. Alla fine dell’anno scorso, il generale John Hyten, capo di Stratcom, andò oltre affermando che mentre le potenze mondiali si espandono nello spazio, la possibilità di conflitti inevitabilmente cresce. “In quel caso, dobbiamo essere pronti“, disse. Nel frattempo, gli analisti militari statunitensi ritornano ancora sul tema della difesa missilistica spaziale, con l’Agenzia della difesa missilistica e la Raytheon Corporation che sviluppano e testano sistemi missilistici progettati per individuare e distruggere missili balistici che si avvicinano nell’atmosfera dallo spazio. Oggi Khrolenko osserva che anche quei Paesi che si oppongono alla militarizzazione dello spazio, come Russia e Cina, sono costretti a sviluppare le armi spaziali per evitare che si crei uno squilibrio strategico mortale. Secondo il giornalista, la domanda che va posta è: “E’ valsa la pena, con tanta persistenza in tanti anni, forgiare dalle spade spaziali russe degli aratri, riducendo i nostri Kascada e Skif in pentole e padelle?

estratto da https://aurorasito.wordpress.com/2017/05/22/come-gorbaciov-distrusse-il-programma-spaziale-militare-dellurss/

La sporca guerra contro la Siria

L’economista Tim Anderson, con il saggio “La sporca guerra contro la Siria ( Editore Zambon, 2016 ), prende in analisi il caso siriano. L’introduzione è chiara: ‘’Ancora oggi, molti immaginano il conflitto siriano come una guerra civile, una rivolta popolare o una sorta di scontro confessionale interno. Tali miti rappresentano, sotto molti aspetti, un cospicuo successo per le grandi potenze che hanno condotto una serie di operazioni di cambio-regime (tutte con pretesti fasulli ) nella regione mediorientale negli ultimi quindici anni’’. Anderson inizia col mettere in dubbio queste false convinzioni – rivolta popolare contro il governo baathista? Falso! – facendo una scrupolosa analisi della storia della Siria contemporanea. Il campo da lui prediletto è quello della contestualizzazione storica per poi passare alla critica dei mass media imperiali; l’analisi, nel libro di Anderson, fa carta straccia della propaganda. Islamismo contro baathismo L’imperialismo statunitense ha perseguito l’obiettivo di smembrare la Siria in diversi Stati etnici rompendo l’unità dell’Asse della Resistenza e favorendo i progetti del sion-imperialismo. Quindi, Washington e Tel Aviv mirano alla creazione di uno ‘’Stato fallimentare’’, debole ed indifeso; l’Asse della Resistenza ha mandato all’aria questo progetto configurando un conflitto asimmetrico fra una guerriglia popolare e degli eserciti artificiali composti da mercenari. L’economista Tim Anderson ha ben inquadrato, fin dalle prime pagine, la situazione e l’altissima posta in gioco: ‘’Tale asse comprende Hezbollah nel Libano meridionale e la resistenza palestinese, oltre alla Siria e all’Iran, unici Stati nella regione privi di basi militari Usa. Più recentemente, anche l’Iraq – tuttora traumatizzato dall’invasione, dai massacri e dall’occupazione occidentali – ha iniziato ad allinearsi a tale asse. Anche la Russia ha iniziato a giocare un ruolo importante quale contrappeso. La storia e i precenti recenti dimostrano che né la Russia né l’Iran nutrono ambizioni imperialistiche anche solo paragonabili a quelle di Washington e dei suoi alleati, molti dei quali ( Gran Bretagna, Francia e Turchia ) sono stati in passato signori della guerra coloniali in questa regione. Dal punto di vista dell’<<Asse della Resistenza, la sconfitta della guerra sporca contro la Siria permetterebbe alla regione di iniziare a serrare i ranghi contro le grandi potenze. Il successo della resistenza siriana significherebbe l’inizio per il Nuovo Medio Oriente di Washington’’ ( pag. 14 ) Quindi, da una parte, abbiamo un polo egemonico non imperialistico e, dall’altro lato, un progetto imperiale che vorrebbe colonizzare tre paesi: Siria, Iran e potenzialmente anche la Russia. Non è la prima volta che gli Usa cercano di dominare la regione e per questo motivo l’autore del libro ricostruisce il ruolo dell’islamismo radicale; la sovversione wahhabita rivolta contro gli Stati laici ed indipendenti. Tim Anderson risponde correttamente alla domanda sul perché la Siria si è trovata nel mirino. Il Ba’th siriano, fin dal 1967, ha appoggiato la guerriglia antimperialista palestinese contro Israele. Nel 1980 il ‘’moderato’’ Carter chiedeva un ‘’cambiamento di regime a Damasco’’ e Zbigniew Brzezinski ‘’richiedeva con urgenza uno studio coordinato, che coinvolgesse anche i partner europei e le monarchie arabe, allo scopo di <<individuare possibili regimi alternativi al governo guidato da Hafez Al Assad’’ ( pag. 2 ). I Fratelli Musulmani siriani accettarono di diventare i sicari degli Usa, trovando, dopo l’imperialismo britannico, un nuovo padrone. Alla domanda ‘’Qual è il ruolo dei Fratelli Musulmani e dei Wahabiti nella destabilizzazione di questa regione?’’, Anderson risponde: ‘’I Fratelli Musulmani siriani hanno comandato e armato i gruppi ostili al governo siriano fino alla penetrazione dell’ISIS nella regione, avvenuta nel 2013. I loro principali sponsor erano Qatar, Turchia e altri. I Sauditi, tuttavia, divennero piuttosto invidiosi dell’ascendente dei Fratelli Musulmani, così preferirono finanziare e armare altri gruppi jihadisti, come l’ISIS, da loro creato in Iraq. La maggior parte delle volte i Fratelli Musulmani siriani hanno cooperato con i gruppi a vocazione internazionale di Al-Qaeda, ma altre volte (quando stanno perdendo o sono occupati in guerre territoriali) si scagliano gli uni contro gli altri’’ 1. Il saggio, La sporca guerra contro la Siria, entra nel merito dei fatti storici: “Non fu quindi una coincidenza che i Fratelli Musulmani – da sempre il gruppo di opposizione siriano più organizzato, la cui collaborazione con potenze esterne risaliva agli anni Quaranta – dessero inizio a una serie di sanguinosi attacchi a partire da quel momento, fino a quando la loro ultima insurrezione venne schiacciata a Hama nel 1982. Tale insurrezione era stata sostenuta dagli alleati degli Stati Uniti – l’Arabia Saudita, Saddam Hussein e la Giordania ( Seale 1988: 336-337 ). L’intelligence USA, a quel tempo, osservò che i siriani sono dei pragmatici che non vogliono un governo dei Fratelli Musulmani ( DIA 1982: vii ). Tuttavia, gli analisti USA utilizzarono poco dopo la repressione dei Fratelli Musulmani a Hama per dimostrare l’autentica instaurazione di uno Stato totalitario in Siria ( Wikas 2007: vii ). Si trattava di un’utile finzione.’’ ( pag. 21 ) Dal 1980 ad oggi i Fratelli Musulmani sono stati una pedina fondamentale della politica USA ed è per questo motivo che Trump sembra non poterne fare a meno. Anderson ricostruisce il rapporto imperialismo USA/Fratelli Musulmani in modo inoppugnabile arrivando alla conclusione che fra le amministrazioni Usa: ‘’Sembra che vi sia maggiore continuità, anche se ciò non è ancora chiaro. Nel 2016 Trump ventilò la possibilità di un ritiro dalla guerra in Siria, ma il suo attacco missilistico ad aprile mostra che evidentemente intese di dover attaccare la regione per dimostrare la propria credibilità all’interno dei confini americani. Allo stesso tempo, truppe americane hanno apertamente invaso lo Stato siriano, utilizzando come loro intermediari due gruppi di estrazione curda, l’YPG e l’SDF’’. Come sempre questo economista è puntuale e – anche sulla questione curda – non sbaglia. Dopo anni di rivolte settarie, a metà anni ’80, il presidente Hafez Al Assad ‘’aveva spezzato le reni’’ alla rivolta confessionale dei Fratelli Musulmani i quali miravano ad imporre ‘’uno Stato islamico-salafita’’. Per questa ragione i fondamentalisti sunniti, nel 1982, si sentirono di dare inizio a una sollevazione nella loro roccaforte: Hama. L’autore di questa ricerca ritiene che ‘’si trattò di una guerra civile fomentata dall’estero, e nell’esercito si verificarono alcune defezioni’’ ( pag. 48 ). Hafez al Assad spiegò come la Siria dovette fronteggiare un complotto straniero e, con voce autorevole, lo scrittore britannico Patrick Seale osservò che queste accuse ‘’non (erano) paranoiche, dal momento che furono requisite numerose armi statunitensi e che il sostegno occidentale era giunto attraverso diversi alleati degli Stati Uniti: re Hussayn di Giordania, le milizie cristiane libanesi ( i Guardiani dei Cedri fiancheggiatori degli israeliani ) e l’iracheno Saddam Hussein ( Seale 1988: 336-337 )’’ ( pag. 49 ). Quello che è successo nel 2011 è una sorta di prolungamento della rivolta wahhabita di Hama, le uniche differenze sono rappresentate dalla militarizzazione dei media ed un maggiore appoggio delle potenze imperialistiche occidentali. Le operazioni ‘’false flags’’, rispetto al 1982, sono una novità storica. Risponde Anderson: ‘’False flag significa un atto di guerra o un crimine di cui viene deliberatamente incolpata la fazione avversa. Il conflitto siriano è pieno di atti di questo genere, come spiego nel mio libro “La sporca guerra contro la Siria”. In due capitoli documento i false flags relativi al massacro del villaggio di Houla nel maggio 2012 e l’incidente delle armi chimiche nella Ghouta orientale nell’agosto del 2013. L’obiettivo di fondo è il tentativo di nascondere la violazione della legge internazionale implicita nell’aggressione contro la Siria e di diffondere un messaggio relativo a ‘circostanze straordinarie’ che ne giustifichi la violazione della sovranità’’. Le documentazioni raccolte nel testo sono inoppugnabili, chiunque voglia conoscere la storia del medioriente e del nazionalismo progressista arabo deve sapersi confrontare col libro che stiamo presentando. I giornalisti allineati e coperti occidentali di fronte a questa mole immensa di lavoro fanno una magra figura; i riscontri sono tanti e tutti di ottima qualità: ’Tuttavia, in una dichiarazione preliminare rilasciata in maggio, l’investigatrice dell’ONU Carla Del Ponte affermò di essere in possesso di testimonianze di vittime secondo cui i ribelli avevano utilizzato gas sarin ( BBC 2013 ). Poi, sempre in maggio, si diffuse la notizia che le forze di sicurezza turche avevano scoperto una tanica di sarin da 2 chilogrammi in una perquisizione nelle abitazioni alcuni combattenti di Jabhat al-Nusra ( RT 2013 ). In luglio la Russia annunciò di avere le prove del fatto che i <<ribelli producevano da soli il proprio gas sarin ( Al Jazeera 2013 )’’ ( pag. 192 ) ‘’Mentre i media occidentali ripetevano per lo più le accuse di Washington, i resoconti indipendenti continuavano a smentire tale versione. I giornalisti Dale Gavlak e Yahya Ababneh pubblicarono interviste condotte direttamente con medici, abitanti della Ghoutha, combattenti ribelli e loro famigliari nella zona della Ghoutha Orientale. Molti ritenevano che gli islamisti avessero ricevuto armi chimiche tramite il campo dell’intelligence saudita, il principe Bandar bin Sultan, e che fossero gli autori dell’attacco con i gas ( Gavlak e Ababneh 2013 ). Il padre di un ribelle disse che suo figlio gli aveva chiesto che armi pensavo che fossero quelle che gli era stato chiesto di trasportare. Suo figlio e altri dodici ribelli erano rimasti uccisi all’interno di un tunnel usato per conservare arimi fornite da un militante saudita noto come Abu Ayesh ( Gavlak e Ababneh 2013 )’’ ( pag. 194 ) “La versione statunitense ricevette quindi un altro colpo, proprio dall’interno degli Stati Uniti. Il veterano giornalista nordamericano Seymour Hersh intervistò agenti dell’intelligence USA, giungendo alla conclusione che le accuse di Washington riguardo agli eventi erano state inventate. Al-Nusra sarebbe dovuta essere tra i sospettati, affermò, <<ma l’amministrazione ( USA ) ha selezionato una per una le informazioni dell’intelligence in modo da giustificare un attacco contro Assad ( Hersh 2013 )’’ ( pag. 196 ) “Un successivo rapporto presentato al Consiglio per i Diritti Umani ( febbraio 2014 ) osservò che gli agenti chimici utilizzati nell’attacco di Khan al-Assal <<recavano gli stessi marcatori specifici di quelli usati ad al-Ghouta>>; tuttavia, gli estensori non erano stati in grado di stabilire chi fossero gli autori materiali ( HRC 2014: 19 )’’ ( pag. 197 ). I ricercatori indipendenti si sono rivelati di gran lunga migliori rispetto ai giornalisti di regime; le loro prove sono ‘’schiaccianti e indiscutibili’’. Il monopolio delle bufale è tutto del governo statunitense, ma, del resto, cosa possiamo aspettarci da chi prende per buone le menzogne dell’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani un centro di terrorismo mediatico ‘‘costituito da un solo uomo stabilitosi in Inghilterra – un individuo legato ai Fratelli Musulmani siriani –, chiamato Rami Abdul Rahman. Si è accreditato con successo come fonte-chiave di ‘informazione’ per i media occidentali in relazione a questa guerra. Appoggia i jihadisti e si dimostra con tutta evidenza fazioso, ma sembra che ciò non infastidisca più di tanto i media’’. I mass media si sono rivelati un’arma di guerra ed il Capitolo 7, intitolato Media embedded, <<cani da guardia embedded, ci spiega, perfettamente, i motivi. L’argomentazione di Anderson è originale, quindi è bene seguirla con un breve paragrafo a parte. Giornalisti venduti: cani da guardia dell’imperialismo USA Tim Anderson smaschera il ruolo delle false Organizzazioni non governative come Avaaz, Human Right Watch e Amnesty International: ‘’Questi gruppi non sono strettamente governativi, ciò nonostante penso che vadano piuttosto considerati alla stregua di società di pubbliche relazioni. Non possono essere ritenute vere e proprie ONG (NGO), che si sottopongono a qualsiasi controllo comunitario e mantengono la propria indipendenza dai poteri forti. Sotto l’amministrazione Obama non si riscontravano differenze tra la Casa Bianca e Avaaz/Human Right Watch/Amnesty International in nessuna particolare questione legata alla guerra. Infatti, sia i funzionari di Human Right Watch che quelli di Amnesty International lavoravano intercambiabilmente con il Dipartimento di Stato americano. Vedremo se qualche differenza emergerà con la presidenza Trump’’. L’informazione di regime è una vera e propria propaganda imperiale che non ha nulla di scientifico e il più delle volte offende, per la sua assurdità, l’intelligenza dei lettori: ‘’Vi sono molti, molti casi inerenti la realizzazione di propaganda di guerra ad opera di al Jazeera, della BBC, dell’inglese Guardian e altri. Non mi riferisco solo alla distorsione delle notizie quanto al loro ruolo attivo nella produzione di prove’’. Il nostro studioso presenta moltissime documentazioni, soprattutto in lingua inglese, ed ha gioco facile nell’umiliare gli ‘’scrittori salariati’’ europei. Dimostra – solo per fare un esempio – lo stretto rapporto fra l’ISIS e l’intelligence statunitense ed israeliana, mettendo in imbarazzo i politicanti dei paesi NATO. Domanda: non è casuale che questo testo non verrà discusso nelle università dell’Impero? Durante la guerra in Irak i giornalisti vennero incorporati fra le truppe di invasione statunitense. Il libro dell’economista australiano mette a fuoco la militarizzazione del giornalismo che ha trasformato i ‘’giornalisti professionisti’’ in veri e propri fabbricatori di bufale. I reporter danno per buone le balle delle ONG; i presunti analisti non fanno altro che giustificare le posizioni politiche dei governi occidentali. Vale la pena seguire il metodo di Anderson e leggere qualche altra pagina del suo eccellente libro: “Durante l’invasione dell’Iraq nel 2003 il concetto di giornalist embedded divenne ben noto, con l’ incorporazione dei giornalisti occidentali fra le truppe di invasione statunitense. Questi giornalisti non erano incorporati solo fisicamente: ricevevano comunicati sulle operazioni, erano oggetto di misure di sicurezza e controlli, dovevano attenersi a precise norme di comportamento e avevano un contatto diretto e quotidiano con le forze imperiali. Queste esperienze li aiutavano a dare una dimensione umana ai problemi e alle sofferenze degli invasori ( Wells 2003 )’’ ( pag. 129 ). Quali sono le conseguenze politiche di tutto questo: I giornalisti tendono – progressivamente – nel loro racconto a demonizzare gli aggrediti non avendo con loro ( anche a causa dei rigidi controlli ) nessun contatto diretto. Il pubblico occidentale si vede paracadutare la visione del mondo americanocentrica – oppure israelocentrica – che non è null’altro se non la rappresentazione ‘’plebea’’ dell’ideologia neoconservatrice sullo scontro di civiltà. La propaganda imperiale (ri)porta il conflitto, in forme differenti, nel cuore dell’occidente capitalistico ed imperialista a discapito – come sempre – del mondo del lavoro. Anderson si pone una domanda molto importante che resterà senza risposta, ancora, per molto tempo: ‘’Che fine ha fatto la diversità? L’era di Internet aveva aperto canali di informazione nuovi e potenzialmente diversificati; ma le grandi potenze ne erano consapevoli. I monopoli mediatici aumentarono il proprio potere attraverso le loro interconnessioni dinamiche con gli altri gruppi di investitori, fino a trasformarsi in una <<coalizione di potere su scala globale; ( Bagdikian 2004: 136 )’’ ( pag. 130 ). L’imperialismo Usa è riuscito a creare ‘’monopoli super-mediatici’’ che dominano la terra ed anche lo spazio, per sconfiggerlo dobbiamo trovare il modo per mettere in discussione ed abbattere la sua egemonia informativa, presupposto della egemonia ideologica e politica statunitense. La preoccupazione di Tim Anderson è la stessa di studiosi come Julian Assange ( nel campo dell’informatica ), Thierry Meyssan e James Petras: l’informazione deve diventare multipolare; gli Usa devono perdere il loro antidemocratico primato. Solo in questo modo, l’indipendenza nazionale e l’emancipazione sociale ritorneranno le rivendicazioni prioritarie delle forze di sinistra ed antimperialistiche. Tutto lo studio di Anderson ha questa consapevolezza: la macchina da guerra Usa poggia sulla propaganda; il loro racconto – il più delle volte assurdo e privo di fondamenta – deve essere smantellato bufala dopo bufala. La guerra, oggigiorno, fa dei giornalisti degli attori politicamente schierati (e contrapposti), una novità assoluta che si andrà accentuando durante i prossimi conflitti che purtroppo non credo si possano evitare. Fonte: EastWest

Presstitutes

PAUL CRAIG ROBERTS informationclearinghouse.info

Putin sono anni che fa avvertimenti. Ha più volte detto ai media “presstitutes” occidentali che, con la loro disonestà, stanno spingendo il mondo alla guerra nucleare. Ha detto mille volte: “dò avvisi ma nessuno li ascolta”. “Come faccio a farvelo capire?”. Forse gli idioti lo capiranno quando i funghi atomici appariranno sui cieli americani e l’Europa cesserà di esistere, cosa che avverrà di sicuro se, come richiesto dai vassalli ben pagati di Washington, continuerà lo scontro con la Russia. Negli ultimi anni ho riportato la reazione del governo cinese ai piani di guerra degli Stati Uniti. I cinesi hanno mostrato come i loro sottomarini avrebbero distrutto la west coast e come i loro ICBM avrebbero finito il resto del paese. Ho riportato tutto questo invano. Il Buco della Memoria non era necessario, visto che né Washington né i pressittuti né Internet l’hanno notato. È una cosa totalmente inaccettabile. In America e nei suoi sottomessi stati vassalli europei, le informazioni non vengono neanche riportate, per cui non è neanche necessario nasconderle.

http://www.controinformazione.info/washington-sta-preparando-un-first-strike-nucleare-sulla-russia-siete-pronti-a-morire/

L’Egitto entra in gioco

Dopo aver dispiegato la flotta meridionale, Cairo sarà una potenza navale regionale e potrà proteggere i grandi giacimenti di gas appena scoperti nei pressi della zona economica esclusiva. Attualmente Turchia, Israele, Cipro e Grecia lo rivendicano, ma come dimostra l’esperienza nella risoluzione delle controversie, le navi da guerra sono l’argomento migliore“. Inoltre, la flotta del sud permetterà a Cairo di proteggere le rotte marittime del Golfo di Aden e d’influenzare Iran ed Arabia Saudita nel conflitto nello Yemen. In definitiva, “nessuno dei partecipanti all’accordo ci perde: Parigi, disobbedisce a Washington e ottiene altri contratti militari, la Russia ha ricevuto la documentazione delle Mistral, insieme al nuovo alleato strategico, e l’Egitto acquisisce lo status di potenza navale“.

https://aurorasito.wordpress.com/2017/05/16/ride-bene-chi-ride-per-ultimo-la-russia-ricevera-gratuitamente-la-tecnologia-delle-mistral/

Alture del Golan

BEIRUT, LÍBANO (2:50 AM) -Forze statunitensi e britanniche, assieme a reparti giordani, sono entrate da sud in Siria nella notte di Domenica ed hanno attraversato il passaggio di frontiera di Al-Tanf nel governatorato di Homs, secondo le informazioni fornite dalla Smart Agency. Secondo queste informazioni, circa 150 militari statunitensi e britannici e vari contingenti di truppe giordane, sono entrati in territorio siriano, come risulta dai filmati metre questi si trasferivano in direzione dell’area di Hamimah. L’area di Hamimah si trova a circa 90 Km. all’est di Palmira, vicino la campagna di Deir Ezzor; la sua prossimità alla città strategica di Al-Bukamal, trasformata questa in un importante obiettivo militare per le truppe statunitensi e britanniche. Vedi: Youtube.com/Watch Secondo gli analisti militari, l’avanzata di queste truppe verso l’area di Hamimah ha come propria finalità immediata quella di bloccare le forze dell’Esercito Arabo Siriano (EAS) nel governatorato di Deir Ezzor, fatto che potrebbe provocare possibili scontri diretti tra le due parti contrapposte. L’altro obiettivo militare e strategico è quello di sottrarre alle forze siriane e di Hezbollah il controllo della zona al confine tra Siria/Iraq/ Giordania e la strada di comunicazione n. 1 che collega la capitale giordana, Amman,  a Baghdad, capitale dell’Iraq. Nello stesso tempo sembra chiaro che Washington vuole fare fallire in partenza il piano concordato tra Russia/Iran/Turchia ad Astana delle 4 zone per la cessazione del fuoco, piano da cui gli USA erano esclusi. L’intelligence russa e siriana aveva già individuato da giorni l’anomala concentrazione di truppe e mezzi sulla frontiera Siria/Giordania e non erano passate inosservate le manovre condotte dalle forze USA e giordane. Nota: Si rende evidente il tentativo perseguito dal comando militare USA e Britannico di arrvare ad uno smembramento di fatto di alcune regioni della Siria, tanto a nord, dove già gli USA stanno fornendo armi pesanti alle formazioni curde, quanto a sud dove si stanno impiegando forze militari giordane in appoggio ai gruppi ribelli armati dagli USA e dal Regno Unito. Prosegue in pratica il vecchio piano di spartizione della Siria pianificato a suo tempo da Washington con l’appoggio dell’Arabia Saudita e del Qatar. Il piano era stato momentaneamente bloccato dall’intevento delle forze aeree russe in Siria. Sarà importante verificare a breve quale sarà la reazione del comando russo a questa ennesima invasione della Siria da parte di forze militari straniere accompagnate da truppe mercenarie. Fonte: Al Masdar News Traduzione e nota: Luciano lago

http://www.controinformazione.info/ultima-ora-forze-usa-e-britanniche-sono-entrate-in-siria-dal-sud-confine-siriagiordania/

Del migrante non si butta via niente

Questi gommoni, assemblati in PVC del tipo economico, del solito grigio chiaro, non possono neanche essere montati e caricati sulla spiaggia. occorre avvitare i vari pannelli di compensato che ne costituiscono il fondo gli uni con gli altri, poi i migranti si caricano il gommone in spalla, lo portano in mare e dall’acqua salgono a bordo.

Per essere precisi, come ha chiarito bene il buon Lolli, i gommoni ed i migranti partono attualmente dalla città libica di Zuara, controllata da una tribù berbera.

 

 

La situazione politica il Libia è un filino complicata, la costa della Tripolitania è controllata dalle varie tribù e milizie Twuar. Milizie di cui lo stesso Lolli fa parte, e che hanno inflitto un colpo terribile ai miliziani dell’Isis: nel modo corretto, ovvero prendendo i fanatici salafiti uno ad uno e facendoli fuori fisicamente, non alleandosi con loro, come fa il generale Haftar, paladino dell’occidente.

Rimane il sud della Libia, il Fezzan, controllato dalle tribù berbere, che fanno passare i migranti provenienti dal centro Africa e diretti verso la zona vicino alla Tunisia, la città di Zuara. Ma i berberi della costa sono alleati con i Twuar, contro le milizie Warshefanna, che fanno capo ad Haftar, e la tratta dei migranti non può essere fermata con la forza.

Tratta che è molto interessante dal punto di vista economico, se ogni migrante paga minimo tremila euro per arrivare sulla costa ed essere imbarcato nei gommoni quest’anno con almeno quattrocentomila migranti in transito parliamo di cifre ben oltre il miliardo di euro. Soldi a cui andranno aggiunti i fondi stanziati dai governi occidentali per “fermare il traffico”.

 

Appartenenti alla classe media

Un bel business anche quelle delle navi controllate dalle ONG che prelevano i migranti stessi a poche miglia dalla costa. Ricordiamo che tanti soldi confluiscono in queste ONG, organizzazioni che non pubblicano bilanci e che investono a loro discrezione, stipendiando tra l’altro i “volontari” che per qualche migliaio di euro al mese accolgono i migranti. Tutto legittimo, per carità.

Pensavate che i medici e gli infermieri lavorassero gratis? Di questi tempi anche i duemilasettecento euro che Medici Sans Frontieres e Emergency pagano ogni mese sono soldi anche per un neolaureato, spesso costretto ad accontentarsi di molto meno, lavorando e facendo i turni per una clinica privata in Italia. E poi fa curriculum.

A questo punto è facile immaginare che gli scafisti telefonino direttamente alle ONG (cosa tra l’altro riportata nel rapporto Frontex, non da siti complottisti) o che siano le luci stesse delle navi al largo che indichino agli scafisti quando partire, sia come sia gli scafisti sanno esattamente quando far partire i gommoni. Droni e satelliti ormai controllano le coste libiche e movimenti strani di vecchie navi mercantili o pescherecci sono facilmente rilevabili. Senza i gommoni realizzati da “misteriose” aziende tunisine, che incassano decine di milioni di euro all’anno per i loro servizi, i migranti semplicemente non potrebbero partire.

Infatti si è appena aperta una nuova rotta, i migranti provenienti dal Bangladesh arrivano in Egitto con l’aereo, da lì compiono un lungo viaggio attraverso il Sudan e la Libia fino ad arrivare a Zuara, diretti verso l’Italia.

Cosa vengono a fare in Italia?

E’ presto detto, sono appartenenti alla classe media. Si, sono della classe media, ma di solito secondi o terzi figli;  il primogenito si tiene l’attività di famiglia, che so una piccola fabbrica, un negozietto o robe del genere. Il cadetto va all’avventura come ai tempi delle Crociate, ma al contrario. E deve rendere i soldi che gli sono stati prestati per il viaggio alla famiglia.

Comunque in Italia si sta meglio che nel loro disgraziato paese, l’obbiettivo è quello di ottenere un permesso di soggiorno e alla lunga di potersi liberamente spostare verso altri paesi europei. Nel frattempo vanno avanti a colpi di ricongiungimento familiare al fine di garantire una pensione minima e assistenza medica gratuita agli anziani della famiglia.

Altri benvenuti dalle organizzazioni di assistenza, che ricevono miliardi di euro per sfamarli e assisterli, facendo lavorare tanta gente, italiani che altrimenti resterebbero disoccupati. Lavoranti nelle coop, insegnanti di italiano e altri, tutti volti buoni per una certa parte politica e per il controllo del territorio.

Del migrante non si butta via niente, e poi mica hanno l’etichetta con la scadenza!

http://www.maurizioblondet.it/gommoni-ong-puttanazze-mistero-dei-migranti-libia-si-sta-svelando/